Il lavoro presentato nasce da una riflessione sul destino di luoghi per anni abbandonati e trascurati, sia dalla popolazione che vive e colonizza spazi ad essi adiacenti, sia dall'amministrazione pubblica che, si, riconosce agli immobili e alle aree la loro valenza storico-culturale, ma che tuttavia non ha ne i fondi ne le capacità per intervenire e salvaguardarli. Divenuti luoghi di scarto della città essi vivono il loro abbandono velandosi di un’atmosfera poetica e decadente, sono le romantiche rovine di cui tanto si è parlato fin dai tempi del neoclassicismo in cui diverse correnti di pensiero esponevano il proprio punto di vista, ognuna delle quali con a capo esponenti artistici di rilievo. Canova da un lato, proponeva il restauro stilistico, dall'altra Viollet Le Duc, leggeva in tali edifici un effetto del tempo inviolabile ed inalterabile, riuscendo a scorgere una bellezza che andava oltre la compiutezza architettonica. Personalmente mi trovo molto in sintonia con il pensiero romantico di Eugene Emmànuelle Viollet Le Duc, seppur eccessivamente estremista nel suo non voler intervenire quasi totalmente. Sono invece più propensa ad operare con un’attenzione ed una sensibilità estrema nei confronti della storia, della tradizione e dell’anima stessa degli edifici su cui viene posata l’attenzione, accostando, in modo consapevole, a situazioni antiche soluzioni fortemente innovative capaci di creare un ponte temporale tra le vari epoche. Il progetto di tesi fonda le proprie basi teoriche su quello che dovrebbe essere l’intervento progettuale una volta deciso di porre mano agli spazi, prevedendo quindi alterazioni di forma e contenuto. L’idea è di lavorare fra le cose, realizzando elementi capaci di connettere le varie parti coinvolte, interne o esterne, costruendo un racconto che si snodi fra gli edifici, offrendo paesaggi capaci di accogliere nuove identità. L’obiettivo progettuale è di riuscire a restituire un ruolo specifico a contesti urbani dimenticati, aumentandone allo stesso tempo la consapevolezza legata alle proprie peculiarità. Il vero e proprio progetto parte dalla considerazione che il rinnovamento degli spazi analizzati è già in parte segnato, sono spazi già fondati, densi di significati, la cui ri-scoperta consiste in un atteggiamento progettuale capace di coglierne ulteriori possibilità, in continuità con ciò che persiste e che grazie al nuovo amplifica le proprie capacità di relazione. L’intervento consiste nell'annullare l’azione del tempo, sospendendolo, in modo da investigarne le memorie e come dei moderni scienziati il dna. La possibilità operativa e progettuale fonda le proprie basi concettuali sulla stratificazione temporale e fisica che, nel corso del tempo ha investito il luogo, la sua storia, la sua cultura, la sua specificità. Quello che il progettista assume non è più solo il ruolo dell’interior designer ma piuttosto quello dell’archeologo. Si tratta infatti di guardare al progetto come ad una testimonianza archeologica, ad un oggetto capace di raccontare un passato di memoria collettiva. Facendo diretto riferimento al bando di concorso, promosso dal Comune di Bergamo nell’anno 2013, avente come location d’intervento gli edifici presi in esame, il progetto di tesi mira a riunificare i frammenti di vuoto urbano presenti in tale sistema di spazi aperti. Il programma culturale di recupero del Comune si articolerà attraverso la valorizzazione degli elementi architettonici che diverranno patrimonio culturale a disposizione dell’intera collettività, ospitando un museo archeologico, botteghe artigianali, spazi espositivi e ricettivi. Basandosi sulle future destinazioni d’uso previste dal concorso il progetto si inserisce come implementazione dello spazio, collegandosi concettualmente, attraverso la propria tessitura, alla storia passata e futura che verrà ospitata all'interno degli edifici. Il racconto che verrà tessuto lungo le vie storiche di Città Alta [Bergamo], ed il senso stesso del progetto, coincideranno con la storia del luogo e delle persone che vi hanno passeggiato.
Sguardipietra. Da vuoto residuale a snodo culturale capace di restituire all'area una nuova identità
GATTI, VERONICA
2011/2012
Abstract
Il lavoro presentato nasce da una riflessione sul destino di luoghi per anni abbandonati e trascurati, sia dalla popolazione che vive e colonizza spazi ad essi adiacenti, sia dall'amministrazione pubblica che, si, riconosce agli immobili e alle aree la loro valenza storico-culturale, ma che tuttavia non ha ne i fondi ne le capacità per intervenire e salvaguardarli. Divenuti luoghi di scarto della città essi vivono il loro abbandono velandosi di un’atmosfera poetica e decadente, sono le romantiche rovine di cui tanto si è parlato fin dai tempi del neoclassicismo in cui diverse correnti di pensiero esponevano il proprio punto di vista, ognuna delle quali con a capo esponenti artistici di rilievo. Canova da un lato, proponeva il restauro stilistico, dall'altra Viollet Le Duc, leggeva in tali edifici un effetto del tempo inviolabile ed inalterabile, riuscendo a scorgere una bellezza che andava oltre la compiutezza architettonica. Personalmente mi trovo molto in sintonia con il pensiero romantico di Eugene Emmànuelle Viollet Le Duc, seppur eccessivamente estremista nel suo non voler intervenire quasi totalmente. Sono invece più propensa ad operare con un’attenzione ed una sensibilità estrema nei confronti della storia, della tradizione e dell’anima stessa degli edifici su cui viene posata l’attenzione, accostando, in modo consapevole, a situazioni antiche soluzioni fortemente innovative capaci di creare un ponte temporale tra le vari epoche. Il progetto di tesi fonda le proprie basi teoriche su quello che dovrebbe essere l’intervento progettuale una volta deciso di porre mano agli spazi, prevedendo quindi alterazioni di forma e contenuto. L’idea è di lavorare fra le cose, realizzando elementi capaci di connettere le varie parti coinvolte, interne o esterne, costruendo un racconto che si snodi fra gli edifici, offrendo paesaggi capaci di accogliere nuove identità. L’obiettivo progettuale è di riuscire a restituire un ruolo specifico a contesti urbani dimenticati, aumentandone allo stesso tempo la consapevolezza legata alle proprie peculiarità. Il vero e proprio progetto parte dalla considerazione che il rinnovamento degli spazi analizzati è già in parte segnato, sono spazi già fondati, densi di significati, la cui ri-scoperta consiste in un atteggiamento progettuale capace di coglierne ulteriori possibilità, in continuità con ciò che persiste e che grazie al nuovo amplifica le proprie capacità di relazione. L’intervento consiste nell'annullare l’azione del tempo, sospendendolo, in modo da investigarne le memorie e come dei moderni scienziati il dna. La possibilità operativa e progettuale fonda le proprie basi concettuali sulla stratificazione temporale e fisica che, nel corso del tempo ha investito il luogo, la sua storia, la sua cultura, la sua specificità. Quello che il progettista assume non è più solo il ruolo dell’interior designer ma piuttosto quello dell’archeologo. Si tratta infatti di guardare al progetto come ad una testimonianza archeologica, ad un oggetto capace di raccontare un passato di memoria collettiva. Facendo diretto riferimento al bando di concorso, promosso dal Comune di Bergamo nell’anno 2013, avente come location d’intervento gli edifici presi in esame, il progetto di tesi mira a riunificare i frammenti di vuoto urbano presenti in tale sistema di spazi aperti. Il programma culturale di recupero del Comune si articolerà attraverso la valorizzazione degli elementi architettonici che diverranno patrimonio culturale a disposizione dell’intera collettività, ospitando un museo archeologico, botteghe artigianali, spazi espositivi e ricettivi. Basandosi sulle future destinazioni d’uso previste dal concorso il progetto si inserisce come implementazione dello spazio, collegandosi concettualmente, attraverso la propria tessitura, alla storia passata e futura che verrà ospitata all'interno degli edifici. Il racconto che verrà tessuto lungo le vie storiche di Città Alta [Bergamo], ed il senso stesso del progetto, coincideranno con la storia del luogo e delle persone che vi hanno passeggiato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/75941