I titoli di proprietà non sono certo la prima cosa che viene in mente pensando alle strategie atte a promuovere il buon governo e lo sviluppo sociale ed economico sostenibile delle nazioni del Sud del Mondo. E invece non è così. Già nel 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosceva, nel suo diciassettesimo articolo, il diritto alla proprietà. La negazione di tale diritto, inteso non tanto come il bene posseduto, ma quanto una fitta rete di contratti tra persone e cose che permette un beneficio d’uso che va ben oltre il valore del bene in sé, significa escludere buona parte della popolazione da un processo di empowerment, di autonomia, di responsabilità e di partecipazione attiva alla vita politica e sociale del proprio Paese. Si tratta di una condizione che affligge l’80% della popolazione mondiale, che si trova in questa posizione per svariate ragioni. Ma è anche importante sottolineare che questa parte di popolazione non è che non possieda alcun bene, ma, al contrario, detiene un patrimonio costituito da abitazioni e terreni stimato a 9,3 trilioni di dollari, pari a circa quaranta volte tutto l’aiuto internazionale ricevuto a livello mondiale a partire dal 1945. Ma allora, ci si chiederà, qual è il problema? Cosa impedisce a queste persone di elevare la propria condizione? La mancanza che individua Hernando de Soto, economista peruviano responsabile dell’implementazione del primo programma massivo di titolarizzazione della proprietà informale a Lima, capitale del Perù, è la capacità di utilizzare tali beni immobili, detenuti in maniera imperfetta — informale — , nella pienezza dei loro diritti. Limitazione dovuta principalmente all’inaccessibilità del sistema legale formale, che costringe la maggioranza della popolazione a rifugiarsi nel sistema informale, non per scelta, ma semplicemente perché è l’unica possibilità che ha a disposizione, negandosi così il diritto di esercitare il diritto di proprietà e quindi tutti quei benefici a esso legati.

(In)formalità. Hernando de Soto e la titolarizzazione del patrimonio extralegale

GOTTI, DEBORAH;DELLAROLE, LUIGI
2011/2012

Abstract

I titoli di proprietà non sono certo la prima cosa che viene in mente pensando alle strategie atte a promuovere il buon governo e lo sviluppo sociale ed economico sostenibile delle nazioni del Sud del Mondo. E invece non è così. Già nel 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosceva, nel suo diciassettesimo articolo, il diritto alla proprietà. La negazione di tale diritto, inteso non tanto come il bene posseduto, ma quanto una fitta rete di contratti tra persone e cose che permette un beneficio d’uso che va ben oltre il valore del bene in sé, significa escludere buona parte della popolazione da un processo di empowerment, di autonomia, di responsabilità e di partecipazione attiva alla vita politica e sociale del proprio Paese. Si tratta di una condizione che affligge l’80% della popolazione mondiale, che si trova in questa posizione per svariate ragioni. Ma è anche importante sottolineare che questa parte di popolazione non è che non possieda alcun bene, ma, al contrario, detiene un patrimonio costituito da abitazioni e terreni stimato a 9,3 trilioni di dollari, pari a circa quaranta volte tutto l’aiuto internazionale ricevuto a livello mondiale a partire dal 1945. Ma allora, ci si chiederà, qual è il problema? Cosa impedisce a queste persone di elevare la propria condizione? La mancanza che individua Hernando de Soto, economista peruviano responsabile dell’implementazione del primo programma massivo di titolarizzazione della proprietà informale a Lima, capitale del Perù, è la capacità di utilizzare tali beni immobili, detenuti in maniera imperfetta — informale — , nella pienezza dei loro diritti. Limitazione dovuta principalmente all’inaccessibilità del sistema legale formale, che costringe la maggioranza della popolazione a rifugiarsi nel sistema informale, non per scelta, ma semplicemente perché è l’unica possibilità che ha a disposizione, negandosi così il diritto di esercitare il diritto di proprietà e quindi tutti quei benefici a esso legati.
MORONI, STEFANO
ARC I - Scuola di Architettura e Società
23-apr-2013
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/80196