Alison e Peter Smithson hanno segnato una svolta nella cultura architettonica della Gran Bretagna degli anni Cinquanta e Sessanta, con un ruolo di prim’ordine nel dibattito internazionale e nella delicata evoluzione dei CIAM postbellici. Robin Hood Gardens, l’unico complesso residenziale delle loro architetture costruite, è un esempio emblematico di come il passaggio da teoria a pratica architettonica riservi esiti non sempre previsti. Inserito nel più ampio programma di residenza sociale avviato in Gran Bretagna negli anni Sessanta, ha risentito dei fenomeni di crisi comuni a molti complessi di natura simile in tutta Europa. L’espansione edilizia del quartiere londinese di Canary Wharf, unitamente alle condizioni di degrado dei Robin Hood Gardens, sono state motori di una profonda messa in discussione dell’opera Smithsoniana, sfociata in una prospettiva di demolizione e ricostruzione totale. Nonostante la campagna avviata dalla 20th Century Society gli organi preposti si sono rifiutati di inserire l’edificio in una lista di salvaguardia, confermando la futura edificazione di un masterplan alternativo ad alta densità. La recente crisi economica e finanziaria ha rallentato l’attuazione del nuovo piano, mantenendo pertanto attivo il dibattito sul destino di un’opera di tale importanza storica e architettonica. Al di là del destino fisico dell’opera, Robin Hood Gardens è una delle più significative espressioni della memoria storica ereditata del Moderno, in quanto edificio che ha insiti in sé i concetti di appropriazione, transizione e mutamento. La contestualizzazione storica, la lettura delle intenzioni originali del progetto e lo studio delle trasformazioni architettoniche e funzionali agenti su di esso nel corso dei decenni, sono le premesse di uno studio delle possibili strategie di salvaguardia e valorizzazione del complesso.

Il caso Robin Hood Gardens. Patrimonio architettonico tra crisi e strategie di valorizzazione

BORIN, ILARIA
2011/2012

Abstract

Alison e Peter Smithson hanno segnato una svolta nella cultura architettonica della Gran Bretagna degli anni Cinquanta e Sessanta, con un ruolo di prim’ordine nel dibattito internazionale e nella delicata evoluzione dei CIAM postbellici. Robin Hood Gardens, l’unico complesso residenziale delle loro architetture costruite, è un esempio emblematico di come il passaggio da teoria a pratica architettonica riservi esiti non sempre previsti. Inserito nel più ampio programma di residenza sociale avviato in Gran Bretagna negli anni Sessanta, ha risentito dei fenomeni di crisi comuni a molti complessi di natura simile in tutta Europa. L’espansione edilizia del quartiere londinese di Canary Wharf, unitamente alle condizioni di degrado dei Robin Hood Gardens, sono state motori di una profonda messa in discussione dell’opera Smithsoniana, sfociata in una prospettiva di demolizione e ricostruzione totale. Nonostante la campagna avviata dalla 20th Century Society gli organi preposti si sono rifiutati di inserire l’edificio in una lista di salvaguardia, confermando la futura edificazione di un masterplan alternativo ad alta densità. La recente crisi economica e finanziaria ha rallentato l’attuazione del nuovo piano, mantenendo pertanto attivo il dibattito sul destino di un’opera di tale importanza storica e architettonica. Al di là del destino fisico dell’opera, Robin Hood Gardens è una delle più significative espressioni della memoria storica ereditata del Moderno, in quanto edificio che ha insiti in sé i concetti di appropriazione, transizione e mutamento. La contestualizzazione storica, la lettura delle intenzioni originali del progetto e lo studio delle trasformazioni architettoniche e funzionali agenti su di esso nel corso dei decenni, sono le premesse di uno studio delle possibili strategie di salvaguardia e valorizzazione del complesso.
SPINELLI, LUIGI MARIO
ARC I - Scuola di Architettura e Società
23-apr-2013
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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