Il comparto ex Plasmon, situato in via Cadolini nella zona sud-est di Milano, si configura quale una vasta porzione di un denso isolato urbano delimitato, nel suo confine meridionale, dal sedime ferroviario. Una sorta di “deposito materiale” che, ormai da più di vent’anni, non accoglie più l’originale funzione di produzione industriale. La sua giacitura morfologica rivela uno sviluppo perimetrale del costruito che, pur configurando un rigido sistema di pieni e vuoti, non genera un pattern, un tessuto con lo spazio aperto. L’input progettuale diviene quindi l’analisi per elementi dell’area in una strategia di ricomposizione delle parti. Selezionare e negare, introdurre e sottrarre, interferire e trascrivere: questi sono i legami semantici alla base della strategia di progetto. Derivando il termine dalle teorie evoluzionistiche di Stephen J. Gould, si potrebbe definirlo un processo di exaptation in cui vecchi “organi” o dispositivi costruiti e messi a punto con altri fini subiscono un totale ripensamento senza per questo azzerare tutti la loro configurazione originaria. Si adotta un approccio di upgrade urbano: i “materiali esistenti” vengono modellati, svuotati, inflessi generando nuove modanature funzionali, senza tuttavia essere negati. La spinta propulsiva proviene dall’attacco a terra che viene modanato in una sequenza spaziale di bacini e portali in grado di generare nuovi ritmi, percezioni ed interazioni. Si tratta di una strategia di adattamento spaziale intrecciata ad un programma multifunzionale in cui spazi dedicati alle arti (laboratori, officine creative, atelier), funzioni aperte alla città (bistrot, auditorium, club musicale), e residenze si mescolano in un unico distretto creativo, generando appunto “nuove modanature funzionali”.

Il comparto ex Plasmon : nuove modanature funzionali

BONANOMI, MARCELLA MARIA MELANIA TEODORA
2012/2013

Abstract

Il comparto ex Plasmon, situato in via Cadolini nella zona sud-est di Milano, si configura quale una vasta porzione di un denso isolato urbano delimitato, nel suo confine meridionale, dal sedime ferroviario. Una sorta di “deposito materiale” che, ormai da più di vent’anni, non accoglie più l’originale funzione di produzione industriale. La sua giacitura morfologica rivela uno sviluppo perimetrale del costruito che, pur configurando un rigido sistema di pieni e vuoti, non genera un pattern, un tessuto con lo spazio aperto. L’input progettuale diviene quindi l’analisi per elementi dell’area in una strategia di ricomposizione delle parti. Selezionare e negare, introdurre e sottrarre, interferire e trascrivere: questi sono i legami semantici alla base della strategia di progetto. Derivando il termine dalle teorie evoluzionistiche di Stephen J. Gould, si potrebbe definirlo un processo di exaptation in cui vecchi “organi” o dispositivi costruiti e messi a punto con altri fini subiscono un totale ripensamento senza per questo azzerare tutti la loro configurazione originaria. Si adotta un approccio di upgrade urbano: i “materiali esistenti” vengono modellati, svuotati, inflessi generando nuove modanature funzionali, senza tuttavia essere negati. La spinta propulsiva proviene dall’attacco a terra che viene modanato in una sequenza spaziale di bacini e portali in grado di generare nuovi ritmi, percezioni ed interazioni. Si tratta di una strategia di adattamento spaziale intrecciata ad un programma multifunzionale in cui spazi dedicati alle arti (laboratori, officine creative, atelier), funzioni aperte alla città (bistrot, auditorium, club musicale), e residenze si mescolano in un unico distretto creativo, generando appunto “nuove modanature funzionali”.
SPAZIANTE, AGATA
MELA, ALFREDO
ARC I - Scuola di Architettura e Società
2-ott-2013
2012/2013
Tesi di laurea Magistrale
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