The research questions about how diagrams might be used as tools to guide architectural reasoning through the processes of construction of form. The questions rose by this thesis could be summarized in this way: which properties make diagrams such a useful tools to think and, more specifically, to think about the matters of architectural design? How is possible to exploit these particular properties? If the diagram is a 'form of writing' could it be possible to prepare the ground for a systematization and a use methodology for such a powerful tool but, at the same time, so generic? To answer these questions the thesis hypothesized that architecture could be intended both as a functional object and a form of communication. Considering architecture as a form of communication enabled the possibility to use the theoretical tools of semiology (specifically the semiotic theories on architecture developed by Eco, De Fusco and Koenig). Semiology applied to architecture works by one side to explain in which way in architecture a system of signs 'communicates' and what kind of message it carries, by the other side it tries to find the keys to interpret its notational system. The design process then is considered as a kind of 'discourse' or 'speech' but not a verbal one. It could be described as a speech made by its own elements, rules and relationships. If in the verbal language the meaning of a discourse is given by the articulations of phrases (at a smaller scale by nouns verbs etc.) on the time axis - and then is 'diachronic' (which means that their value is positional or oppositional, but in the linear space of time) -, in the architectural discourse the meaning seems to come from the articulation of 'architectural phrases' (buildings, and all the tree-dimensional objects in a specific plot) in space; then we could define it as a 'synchronic' system. But the visual overlapping and juxtaposition of objects, manifolds and layers, their interference and and stratification in time makes this system always subject to new processes of significations and détournements. We've seen a way in which, through semiotics, architectural and urban space can be read. This approach gives as well a different point of view on the design process activity. If an architectural space can be seen as a pattern, a language made of elements signified by fields of relationships (even if apparently messy and non-coherent) tools to map and to interact inside this field of messy relationships are required. Diagrams seems to be the best tools to 'represent' and deal with those diachronic and synchronic patterns working as a kind of language able to . Their graphic properties make them able to show, represent and identify themselves with the abstract network of the relationship between different objects or elements or forces. Drawing diagrams of this network of relationships between iconic signs (according to Pierce a diagram is an icon) make possible to grasp the complexity of architectural and urban patterns. The principle of isomorphism (that relies at the basis of this iconic relationship between the sign and the object it refers) and the idea that every language (included the visual language on which architecture mainly relies) is expression of its specific form of thought impose to pay an extraordinary attention on the notational system in architecture. Architecture's notational system in fact, unlike what happens for the writing codes of music, math, coding etc., uses mainly that category of signs (icons) which works by means of similarity and isomorphism. Inside this category (hypoicons, images, diagrams) diagrams, as Pierce states, are the best tools for reasoning. Historically the great enthusiasm for diagrams in architecture represent the attempt of getting close, through the use of iconic signs, to achieve similar generative capabilities of expression and analysis of the spoken language; in other words the concern and effort on diagrams are attempts to develop tools of a language with similar potentials in helping, shaping and forming complex thoughts overpassing the representative and imitative bonds of traditional images and drawings; diagrams then could be seen both as visual and verbal expressions. Seems then that both the analytic and 'generative' faculties of diagrams relies in its capabilities to build up an particular icon able to interact and interfere through linguistic mechanisms with the syntax of architectural and urban space. In architectural design this interaction, very shortly, allows :to organize the functions in a spatial syntax, to transcribe object into signs, to translate a 'function' into a set of spatial information, to articulate the relationships between signs, to open up architecture to its temporal dimension. The thesis tries to give a theoretical basis to build up a diagram-based writing methodology in architectural design. In this prospective the work is focused on manners, meanings and the rules in which those logic-representative tools are used in the design processes and the way they affect the actual built environment. It's important to point out that the research doesn't aim to push forward a design method conceived like an algorithm, more or less open, to produce formal results. The thesis tries in fact to develop a theoretical base to build a diagrammatic writing method for architectural design.

La tesi si interroga sulla possibilità di adottare il diagramma come strumento per articolare e guidare il pensiero nei processi di costruzione della forma. Viene proposto uno studio sui diagrammi e sul loro uso in architettura come forme di scrittura del progetto, indagandone potenzialità e possibili metodi applicativi. Le domande a cui la tesi tenta di dar risposta sono le seguenti: quali sono le proprietà che rendono i diagrammi strumenti “'utili' per pensare” e nella fattispecie utili per pensare i problemi di progettazione architettonica? Come è possibile servirsi di queste particolari 'proprietà'? Se il diagramma è una forma di scrittura del progetto architettonico, come abbiamo verificato attraverso lo studio di numerosi casi significativi all'interno della storia dell'architettura, è possibile porre le basi per una sistematizzazione ed una metodologia di applicazione di questo strumento apparentemente così valido ma allo stesso tempo così generico? La tesi, per rispondere a queste domande, parte dall'ipotesi che l'architettura possa essere intesa come una forma di comunicazione. Attraverso gli strumenti della semiologia (ed in particolare sulle semiologie architettoniche di Eco, De Fusco e Koenig ) si cerca da un lato di spiegare in base a quali meccanismi in architettura un sistema di segni comunichi e di quale natura sia il suo messaggio, dall'altro di ricavare le chiavi per interpretarne il sistema di notazione. In quest'ottica si considera il processo di progettazione come la costruzione di una sorta di 'discorso' di natura particolare. Se nel linguaggio verbale il senso di un discorso è dato dall'articolarsi dei sintagmi nel tempo e quindi è diacronico – il loro valore è posizionale/op posizionale, ma nello spazio 'lineare' del tempo -, in architettura il senso deriverebbe dall'articolarsi di 'sintagmi architettonici' nello spazio, il 'discorso' architettonico è quindi sincronico. Si potrebbe sostenere che esso è un discorso muto di insiemi di segni che si articolano nello spazio, non ha un 'verso' di lettura. La sovrapposizione e l'accostamento visivo dei piani, e dei livelli, la loro interferenza e la loro stratificazione nel tempo fa sì che esso sia sempre soggetto a nuove significazioni e a continui détournement. Sulla base di queste osservazioni, si sostiene che il diagramma possa giocare un ruolo fondamentale come forma di controllo di questo reticolo sincronico e diacronico di relazioni tra elementi dello spazio urbano ed architettonico. Per le sue proprietà grafiche ha infatti la capacità di identificarsi (è una icona secondo Pierce) e rendere esplicito, visualizzandolo, il 'reticolo' astratto delle relazioni tra gli elementi. La regola combinatoria, di cui il diagramma diviene causa ed effetto, permette ogni processo di significazione, cioè ogni processo in cui dalla relazione tra un insieme di segni si genera significato. 'Diagrammare' questo reticolo di relazioni tra segni iconici permette non solo di comprendere la complessità dei problemi architettonici visualizzandoli, rendendoli espliciti e visualmente comprensibili, ma anche di poterli organizzare e articolare, di gestirli e interferire con essi all'interno del processo di progettazione. L'importanza che ricopre il sistema di notazione in una disciplina principalmente “visiva” come l'architettura (nonostante non sia la sola forma di percezione coinvolta) è fondamentale, soprattutto se si considera che il suo sistema di notazione, a differenza di altri sistemi, come i codici di scrittura della musica, dell'algebra, dell'informatica ecc, si avvale principalmente di quei segni che, secondo la nota tricotomia di Charles Sanders Pierce, sono definiti iconici. Ovvero in quella categoria di segni che – in estrema sintesi - “possono rappresentare il loro oggetto soprattutto per via di similarità”. All'interno di questa categoria il diagramma, come rileva lo stesso Pierce, si contraddistingue come lo strumento più consono al ragionamento. Storicamente il grandissimo entusiasmo per la diagrammazione in architettura rappresenta il tentativo di avvicinarsi, attraverso l'uso di segni iconici, a simili capacità espressive - di analisi e generativo- trasformazionali - del linguaggio verbale (“l'artificio semiotico più potente che l'uomo conosca”) ; in altre parole la 'diagrammazione' si propone di realizzare strumenti di un linguaggio con le medesime capacità di elaborare ragionamenti complessi superando i vincoli rappresentativi e il carattere imitativo del 'disegno'; i diagrammi infatti “possono essere visti sia come formulazioni visive che verbali”. Da queste ipotesi sembra derivare che la capacità del diagramma di essere strumento 'generativo' risieda nella sua capacità di ricostruire una 'icona' particolare, capace di interferire e interagire attraverso meccanismi di carattere linguistico con la 'sintassi' dello spazio architettonico. Infine si mette in luce che la ricerca non ha intenzione di proporre un metodo di progetto inteso come 'algoritmo' più o meno rigido in grado di determinare una varietà di risultati formali. Viceversa la tesi tenta di fornire una base teorica per la costruzione di un metodo di scrittura su base diagrammatica del progetto architettonico. In questa prospettiva viene posta la massima attenzione alle modalità, al significato e alle regole con cui possono essere utilizzati gli strumenti logico-rappresentativi nei processi di progettazione e sugli “effetti”- o sul modo di manifestarsi - che l'utilizzo di questi ultimi hanno sullo spazio costruito.

Diagrammi architettonici. Procedure di traduzione del progetto

LUNELLI, CARLO FABIO

Abstract

The research questions about how diagrams might be used as tools to guide architectural reasoning through the processes of construction of form. The questions rose by this thesis could be summarized in this way: which properties make diagrams such a useful tools to think and, more specifically, to think about the matters of architectural design? How is possible to exploit these particular properties? If the diagram is a 'form of writing' could it be possible to prepare the ground for a systematization and a use methodology for such a powerful tool but, at the same time, so generic? To answer these questions the thesis hypothesized that architecture could be intended both as a functional object and a form of communication. Considering architecture as a form of communication enabled the possibility to use the theoretical tools of semiology (specifically the semiotic theories on architecture developed by Eco, De Fusco and Koenig). Semiology applied to architecture works by one side to explain in which way in architecture a system of signs 'communicates' and what kind of message it carries, by the other side it tries to find the keys to interpret its notational system. The design process then is considered as a kind of 'discourse' or 'speech' but not a verbal one. It could be described as a speech made by its own elements, rules and relationships. If in the verbal language the meaning of a discourse is given by the articulations of phrases (at a smaller scale by nouns verbs etc.) on the time axis - and then is 'diachronic' (which means that their value is positional or oppositional, but in the linear space of time) -, in the architectural discourse the meaning seems to come from the articulation of 'architectural phrases' (buildings, and all the tree-dimensional objects in a specific plot) in space; then we could define it as a 'synchronic' system. But the visual overlapping and juxtaposition of objects, manifolds and layers, their interference and and stratification in time makes this system always subject to new processes of significations and détournements. We've seen a way in which, through semiotics, architectural and urban space can be read. This approach gives as well a different point of view on the design process activity. If an architectural space can be seen as a pattern, a language made of elements signified by fields of relationships (even if apparently messy and non-coherent) tools to map and to interact inside this field of messy relationships are required. Diagrams seems to be the best tools to 'represent' and deal with those diachronic and synchronic patterns working as a kind of language able to . Their graphic properties make them able to show, represent and identify themselves with the abstract network of the relationship between different objects or elements or forces. Drawing diagrams of this network of relationships between iconic signs (according to Pierce a diagram is an icon) make possible to grasp the complexity of architectural and urban patterns. The principle of isomorphism (that relies at the basis of this iconic relationship between the sign and the object it refers) and the idea that every language (included the visual language on which architecture mainly relies) is expression of its specific form of thought impose to pay an extraordinary attention on the notational system in architecture. Architecture's notational system in fact, unlike what happens for the writing codes of music, math, coding etc., uses mainly that category of signs (icons) which works by means of similarity and isomorphism. Inside this category (hypoicons, images, diagrams) diagrams, as Pierce states, are the best tools for reasoning. Historically the great enthusiasm for diagrams in architecture represent the attempt of getting close, through the use of iconic signs, to achieve similar generative capabilities of expression and analysis of the spoken language; in other words the concern and effort on diagrams are attempts to develop tools of a language with similar potentials in helping, shaping and forming complex thoughts overpassing the representative and imitative bonds of traditional images and drawings; diagrams then could be seen both as visual and verbal expressions. Seems then that both the analytic and 'generative' faculties of diagrams relies in its capabilities to build up an particular icon able to interact and interfere through linguistic mechanisms with the syntax of architectural and urban space. In architectural design this interaction, very shortly, allows :to organize the functions in a spatial syntax, to transcribe object into signs, to translate a 'function' into a set of spatial information, to articulate the relationships between signs, to open up architecture to its temporal dimension. The thesis tries to give a theoretical basis to build up a diagram-based writing methodology in architectural design. In this prospective the work is focused on manners, meanings and the rules in which those logic-representative tools are used in the design processes and the way they affect the actual built environment. It's important to point out that the research doesn't aim to push forward a design method conceived like an algorithm, more or less open, to produce formal results. The thesis tries in fact to develop a theoretical base to build a diagrammatic writing method for architectural design.
GALLIANI, PIERFRANCO
BERTELLI, GUYA GRAZIA MARIA
21-mar-2014
Architectural diagrams: translation procedures in the design process
La tesi si interroga sulla possibilità di adottare il diagramma come strumento per articolare e guidare il pensiero nei processi di costruzione della forma. Viene proposto uno studio sui diagrammi e sul loro uso in architettura come forme di scrittura del progetto, indagandone potenzialità e possibili metodi applicativi. Le domande a cui la tesi tenta di dar risposta sono le seguenti: quali sono le proprietà che rendono i diagrammi strumenti “'utili' per pensare” e nella fattispecie utili per pensare i problemi di progettazione architettonica? Come è possibile servirsi di queste particolari 'proprietà'? Se il diagramma è una forma di scrittura del progetto architettonico, come abbiamo verificato attraverso lo studio di numerosi casi significativi all'interno della storia dell'architettura, è possibile porre le basi per una sistematizzazione ed una metodologia di applicazione di questo strumento apparentemente così valido ma allo stesso tempo così generico? La tesi, per rispondere a queste domande, parte dall'ipotesi che l'architettura possa essere intesa come una forma di comunicazione. Attraverso gli strumenti della semiologia (ed in particolare sulle semiologie architettoniche di Eco, De Fusco e Koenig ) si cerca da un lato di spiegare in base a quali meccanismi in architettura un sistema di segni comunichi e di quale natura sia il suo messaggio, dall'altro di ricavare le chiavi per interpretarne il sistema di notazione. In quest'ottica si considera il processo di progettazione come la costruzione di una sorta di 'discorso' di natura particolare. Se nel linguaggio verbale il senso di un discorso è dato dall'articolarsi dei sintagmi nel tempo e quindi è diacronico – il loro valore è posizionale/op posizionale, ma nello spazio 'lineare' del tempo -, in architettura il senso deriverebbe dall'articolarsi di 'sintagmi architettonici' nello spazio, il 'discorso' architettonico è quindi sincronico. Si potrebbe sostenere che esso è un discorso muto di insiemi di segni che si articolano nello spazio, non ha un 'verso' di lettura. La sovrapposizione e l'accostamento visivo dei piani, e dei livelli, la loro interferenza e la loro stratificazione nel tempo fa sì che esso sia sempre soggetto a nuove significazioni e a continui détournement. Sulla base di queste osservazioni, si sostiene che il diagramma possa giocare un ruolo fondamentale come forma di controllo di questo reticolo sincronico e diacronico di relazioni tra elementi dello spazio urbano ed architettonico. Per le sue proprietà grafiche ha infatti la capacità di identificarsi (è una icona secondo Pierce) e rendere esplicito, visualizzandolo, il 'reticolo' astratto delle relazioni tra gli elementi. La regola combinatoria, di cui il diagramma diviene causa ed effetto, permette ogni processo di significazione, cioè ogni processo in cui dalla relazione tra un insieme di segni si genera significato. 'Diagrammare' questo reticolo di relazioni tra segni iconici permette non solo di comprendere la complessità dei problemi architettonici visualizzandoli, rendendoli espliciti e visualmente comprensibili, ma anche di poterli organizzare e articolare, di gestirli e interferire con essi all'interno del processo di progettazione. L'importanza che ricopre il sistema di notazione in una disciplina principalmente “visiva” come l'architettura (nonostante non sia la sola forma di percezione coinvolta) è fondamentale, soprattutto se si considera che il suo sistema di notazione, a differenza di altri sistemi, come i codici di scrittura della musica, dell'algebra, dell'informatica ecc, si avvale principalmente di quei segni che, secondo la nota tricotomia di Charles Sanders Pierce, sono definiti iconici. Ovvero in quella categoria di segni che – in estrema sintesi - “possono rappresentare il loro oggetto soprattutto per via di similarità”. All'interno di questa categoria il diagramma, come rileva lo stesso Pierce, si contraddistingue come lo strumento più consono al ragionamento. Storicamente il grandissimo entusiasmo per la diagrammazione in architettura rappresenta il tentativo di avvicinarsi, attraverso l'uso di segni iconici, a simili capacità espressive - di analisi e generativo- trasformazionali - del linguaggio verbale (“l'artificio semiotico più potente che l'uomo conosca”) ; in altre parole la 'diagrammazione' si propone di realizzare strumenti di un linguaggio con le medesime capacità di elaborare ragionamenti complessi superando i vincoli rappresentativi e il carattere imitativo del 'disegno'; i diagrammi infatti “possono essere visti sia come formulazioni visive che verbali”. Da queste ipotesi sembra derivare che la capacità del diagramma di essere strumento 'generativo' risieda nella sua capacità di ricostruire una 'icona' particolare, capace di interferire e interagire attraverso meccanismi di carattere linguistico con la 'sintassi' dello spazio architettonico. Infine si mette in luce che la ricerca non ha intenzione di proporre un metodo di progetto inteso come 'algoritmo' più o meno rigido in grado di determinare una varietà di risultati formali. Viceversa la tesi tenta di fornire una base teorica per la costruzione di un metodo di scrittura su base diagrammatica del progetto architettonico. In questa prospettiva viene posta la massima attenzione alle modalità, al significato e alle regole con cui possono essere utilizzati gli strumenti logico-rappresentativi nei processi di progettazione e sugli “effetti”- o sul modo di manifestarsi - che l'utilizzo di questi ultimi hanno sullo spazio costruito.
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