Nel corso dell’ultimo secolo, e particolarmente da cinquant’anni a questa parte, si è assistito ad un cambiamento sostanziale del panorama europeo: terreni un tempo coltivati o adibiti al pascolo, sono ora teatro di vegetazione arbustiva o arborea. Questo processo, che interessa tutti i paesi europei e numerose aree dell’America Settentrionale, è particolarmente presente in alcune zone del Meridione e delle grandi isole in cui è in corso un duplice processo di desertificazione, ovvero una progressiva scomparsa non solo della vegetazione ma anche dei terreni a causa di cattive forme di uso del suolo, di incendi, di condizioni climatiche sfavorevoli e di rimboscamento. Diretta conseguenza di ciò è il mutamento del paesaggio: numerosi insediamenti rurali vengono abbandonati e il sistema viario minore, i terreni terrazzati, le opere di sistemazione delle acque cadono in degrado. Si tratta di segni del collasso di una società contadina, spesso fortemente ridotta dal declino demografico e dallo spopolamento che provoca perdite e svantaggi sul piano economico, sociale, affettivo, assai difficili da ‘contabilizzare’. È inoltre importante tener presente che questi processi comportano un impoverimento anche sul piano antropologico: la cessazione di attività antropiche sul terreno determina la perdita delle conoscenze relative all’uso delle risorse che erano disponibili in passato, dei modi per ottenerle (tecniche colturali, gesti ‘efficaci’), del ruolo che l’ambiente fisico (clima, suolo) svolgeva per la loro riproduzione; seguono anche la scomparsa dei micro-toponimi o del loro significato ambientale, della funzione di determinati attrezzi e della maniera per costruirli, talvolta anche della conoscenza sul modo in cui il territorio si è plasmato, con drenaggi, terrazzamenti, spianamenti, spietramenti. La trasformazione del paesaggio segna pertanto la cancellazione del documento visivo testimone della storia di una comunità. Probabilmente alle nuove generazioni che rimangono o subentrano verrà a mancare la visione del contesto spaziale in cui si era sviluppata la vita economica e sociale del passato, e non sapranno più leggere i segni delle attività umane ancora percettibili. Se si vuole salvare il suolo si dovrebbe cominciare a pensare ad un’agricoltura aperta alla fruizione sociale, un’ agricoltura multifunzionale che affianca alla produzione di beni quella di servizi e cultura, ad un‘agricoltura che incentivi il prodotto tipico e locale. L’agricoltura, ovvero l’arte di coltivare i terreni e allevare il bestiame, non è strettamente intesa come strumento per produrre materie prime da destinare al consumo fresco o all’industria agroalimentare, ma come elemento centrale della cultura contemporanea in grado di sviluppare attività di tipo terziario come il turismo, l’educazione alimentare e ambientale e tutta una serie di iniziative legate al tempo libero e alla cultura rurale. ll ritorno alla gestione sostenibile delle risorse naturali e il recupero delle specificità culturali locali rappresentano una delle più importanti sfide per la cultura occidentale che deve rivedere concretamente i suoi attuali modelli di sviluppo cercando di integrare l’antica saggezza con le moderne conoscenze. Il mio lavoro si prefigge di dimostrare come sia possibile e proficuo un piano di ripristino volto al recupero di queste aree dal punto di vista agricolo, architettonico ed antropologico, con particolare attenzione alle eredità culinarie. Nel perseguire questo scopo, dopo un’intensa attività di ricerca, mi sono concentrata sullo studio di un caso particolare, dando vita ad un progetto che interessa la zona degli Iblei, porzione della sicilia orientale che nonostante la sua limitata estensione, presenta un’importante biodiversità. Lavorando praticamente su un contesto determinato storicamente e geograficamente, è possibile dimostrare concetti che altrimenti rimarrebbero astratti. La programmazione attuata a livello teorico sul terreno degli Iblei, può essere applicata, secondo le forme e le tempistiche più congeniali alla realtà contingente, a numerosi altri territori.

Ritorno all' agri cultura. Ripristino di una masseria abbandonata negli Iblei

MONACO, CARLA
2012/2013

Abstract

Nel corso dell’ultimo secolo, e particolarmente da cinquant’anni a questa parte, si è assistito ad un cambiamento sostanziale del panorama europeo: terreni un tempo coltivati o adibiti al pascolo, sono ora teatro di vegetazione arbustiva o arborea. Questo processo, che interessa tutti i paesi europei e numerose aree dell’America Settentrionale, è particolarmente presente in alcune zone del Meridione e delle grandi isole in cui è in corso un duplice processo di desertificazione, ovvero una progressiva scomparsa non solo della vegetazione ma anche dei terreni a causa di cattive forme di uso del suolo, di incendi, di condizioni climatiche sfavorevoli e di rimboscamento. Diretta conseguenza di ciò è il mutamento del paesaggio: numerosi insediamenti rurali vengono abbandonati e il sistema viario minore, i terreni terrazzati, le opere di sistemazione delle acque cadono in degrado. Si tratta di segni del collasso di una società contadina, spesso fortemente ridotta dal declino demografico e dallo spopolamento che provoca perdite e svantaggi sul piano economico, sociale, affettivo, assai difficili da ‘contabilizzare’. È inoltre importante tener presente che questi processi comportano un impoverimento anche sul piano antropologico: la cessazione di attività antropiche sul terreno determina la perdita delle conoscenze relative all’uso delle risorse che erano disponibili in passato, dei modi per ottenerle (tecniche colturali, gesti ‘efficaci’), del ruolo che l’ambiente fisico (clima, suolo) svolgeva per la loro riproduzione; seguono anche la scomparsa dei micro-toponimi o del loro significato ambientale, della funzione di determinati attrezzi e della maniera per costruirli, talvolta anche della conoscenza sul modo in cui il territorio si è plasmato, con drenaggi, terrazzamenti, spianamenti, spietramenti. La trasformazione del paesaggio segna pertanto la cancellazione del documento visivo testimone della storia di una comunità. Probabilmente alle nuove generazioni che rimangono o subentrano verrà a mancare la visione del contesto spaziale in cui si era sviluppata la vita economica e sociale del passato, e non sapranno più leggere i segni delle attività umane ancora percettibili. Se si vuole salvare il suolo si dovrebbe cominciare a pensare ad un’agricoltura aperta alla fruizione sociale, un’ agricoltura multifunzionale che affianca alla produzione di beni quella di servizi e cultura, ad un‘agricoltura che incentivi il prodotto tipico e locale. L’agricoltura, ovvero l’arte di coltivare i terreni e allevare il bestiame, non è strettamente intesa come strumento per produrre materie prime da destinare al consumo fresco o all’industria agroalimentare, ma come elemento centrale della cultura contemporanea in grado di sviluppare attività di tipo terziario come il turismo, l’educazione alimentare e ambientale e tutta una serie di iniziative legate al tempo libero e alla cultura rurale. ll ritorno alla gestione sostenibile delle risorse naturali e il recupero delle specificità culturali locali rappresentano una delle più importanti sfide per la cultura occidentale che deve rivedere concretamente i suoi attuali modelli di sviluppo cercando di integrare l’antica saggezza con le moderne conoscenze. Il mio lavoro si prefigge di dimostrare come sia possibile e proficuo un piano di ripristino volto al recupero di queste aree dal punto di vista agricolo, architettonico ed antropologico, con particolare attenzione alle eredità culinarie. Nel perseguire questo scopo, dopo un’intensa attività di ricerca, mi sono concentrata sullo studio di un caso particolare, dando vita ad un progetto che interessa la zona degli Iblei, porzione della sicilia orientale che nonostante la sua limitata estensione, presenta un’importante biodiversità. Lavorando praticamente su un contesto determinato storicamente e geograficamente, è possibile dimostrare concetti che altrimenti rimarrebbero astratti. La programmazione attuata a livello teorico sul terreno degli Iblei, può essere applicata, secondo le forme e le tempistiche più congeniali alla realtà contingente, a numerosi altri territori.
SCARAMELLINI, ENRICO
ARC I - Scuola di Architettura e Società
28-apr-2014
2012/2013
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/90281