Il progetto si intreccia con la dimensione del nuovo impianto di Cascina Merlata e Expo, in un’area piuttosto periferica situata a nord-ovest di Milano in prossimità del polo fieristico di Rho-Pero. La collocazione territoriale diventa un elemento fondante: la torre di nuova costruzione, infatti, si pone come nodo strategico per un sistema di elementi, diventa landmark per chi percorre l’autostrada ma assume anche valenze simboliche dal momento in cui segna l’ingresso in città e la presenza dell’area Expo. In una città in cui si fa fatica a cogliere i confini, l’edificio alto si pone come elemento che entra a far parte di un sistema di relazioni visive. Relazioni che non solo nascono dall’esterno, per cui l’edificio viene percepito come simbolo urbano, ma che diventano fondamentali quando ci si trova all’interno della torre e si guarda verso Milano. La vicinanza del progetto ad un’area così strategica, come quella dell’Expo, rende necessario affrontare la questione degli spazi destinati all’ospitalità, che, in questo modo, acquista nuovi e impensabili significati, in quanto non più relegata all’ambito delle strutture tradizionalmente incaricate di svolgere questo compito, ma estesa a più vaste parti del territorio, alla città nel suo complesso, ai suoi spazi aperti di contatto. Ripensare al rapporto tra spazio d’accoglienza e territorio potrebbe portare al superamento della nozione di spazio da usare, alla quale sostituire quella di spazio da abitare. Compiere un’analisi sull’ospitalità e offrire uno spazio dell’abitare in viaggio, non vuol dire, dunque, solo fermarsi sullo studio della struttura alberghiera ma cercare di soddisfare, oltre che necessità funzionali e biologiche, anche necessità psicologiche e culturali, meno catalogabili e normalizzate ma più attente alle diverse categorie di clienti. La sfida, dunque, è saper leggere ed interpretare le risposte date al problema della flessibilità dell’alloggio, alla luce della tipologia a torre, in cui la funzione prevalente non è quella residenziale ma quella ricettiva. Nel caso dell’edificio di progetto, ciò si può riscontrare, nella definizione delle tipologie ricettive “low-cost”, dove il modulo standard della camera d’albergo viene sostituito da soluzioni in cui possono convivere più persone con modalità di fruizione che oltrepassano la sola sfera del dormire. Diventa fondamentale definire oltre lo spazio de “l’autome”, quello della “tribù”, luogo in cui la sfera privata si incontra con quella collettiva.

Head space. Un edificio alto per Milano

FOSSATI, CHIARA
2012/2013

Abstract

Il progetto si intreccia con la dimensione del nuovo impianto di Cascina Merlata e Expo, in un’area piuttosto periferica situata a nord-ovest di Milano in prossimità del polo fieristico di Rho-Pero. La collocazione territoriale diventa un elemento fondante: la torre di nuova costruzione, infatti, si pone come nodo strategico per un sistema di elementi, diventa landmark per chi percorre l’autostrada ma assume anche valenze simboliche dal momento in cui segna l’ingresso in città e la presenza dell’area Expo. In una città in cui si fa fatica a cogliere i confini, l’edificio alto si pone come elemento che entra a far parte di un sistema di relazioni visive. Relazioni che non solo nascono dall’esterno, per cui l’edificio viene percepito come simbolo urbano, ma che diventano fondamentali quando ci si trova all’interno della torre e si guarda verso Milano. La vicinanza del progetto ad un’area così strategica, come quella dell’Expo, rende necessario affrontare la questione degli spazi destinati all’ospitalità, che, in questo modo, acquista nuovi e impensabili significati, in quanto non più relegata all’ambito delle strutture tradizionalmente incaricate di svolgere questo compito, ma estesa a più vaste parti del territorio, alla città nel suo complesso, ai suoi spazi aperti di contatto. Ripensare al rapporto tra spazio d’accoglienza e territorio potrebbe portare al superamento della nozione di spazio da usare, alla quale sostituire quella di spazio da abitare. Compiere un’analisi sull’ospitalità e offrire uno spazio dell’abitare in viaggio, non vuol dire, dunque, solo fermarsi sullo studio della struttura alberghiera ma cercare di soddisfare, oltre che necessità funzionali e biologiche, anche necessità psicologiche e culturali, meno catalogabili e normalizzate ma più attente alle diverse categorie di clienti. La sfida, dunque, è saper leggere ed interpretare le risposte date al problema della flessibilità dell’alloggio, alla luce della tipologia a torre, in cui la funzione prevalente non è quella residenziale ma quella ricettiva. Nel caso dell’edificio di progetto, ciò si può riscontrare, nella definizione delle tipologie ricettive “low-cost”, dove il modulo standard della camera d’albergo viene sostituito da soluzioni in cui possono convivere più persone con modalità di fruizione che oltrepassano la sola sfera del dormire. Diventa fondamentale definire oltre lo spazio de “l’autome”, quello della “tribù”, luogo in cui la sfera privata si incontra con quella collettiva.
ARC II - Scuola di Architettura Civile
28-apr-2014
2012/2013
Tesi di laurea Magistrale
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