I termini Pregiudizio e Stereotipo nella nostra cultura moderna hanno assunto un forte significato negativo; basta pensare, infatti, al loro uso e riferimento più comune, che riguarda l’ostilità e l’avversione verso etnie diverse dal proprio gruppo di appartenenza, o verso minoranze di vario tipo. Ed è proprio in questo contesto socio-linguistico di riferimento che il pregiudizio e lo stereotipo hanno assunto la valenza significativa più grave, e cioè quella legata ai fenomeni di razzismo e discriminazione. Tuttavia anche nella vita quotidiana, nelle relazioni interpersonali, nei giudizi e pareri che esprimiamo sui più vari argomenti di tutti i giorni, consideriamo giusto e auspicabile riuscire a valutare le cose in maniera “oggettiva”, libera appunto da pregiudizi e stereotipi. Pensare infatti in base ad essi, è opinabile, non solo in quanto moralmente inaccettabile (come nel caso del pregiudizio razziale), ma anche, e soprattutto, in quanto fallimento della razionalità, quasi una rinuncia delle proprie capacità di interpretare correttamente la realtà attraverso l’effettiva esperienza e ragione. Nonostante questa connotazione negativa, i pregiudizi e gli stereotipi sono molto comuni e diffusi nel modo di pensare di tutti, tanto nel rapporto con gli altri, in particolare nei confronti di chi fa parte di culture differenti dalla propria, quanto nelle valutazioni e situazioni quotidiane; motivo per cui il nostro modo di pensare e di valutare la realtà appare, di conseguenza, decisamente meno elastico e libero di quanto vorremmo. Chi, infatti, nella società contemporanea, è capace di riconoscere e ammettere sinceramente di pensare o agire in base (o non) ad essi? Questo tema è stato trattato a fondo dalle scienze sociali e umanistiche, non solo per la sua rilevanza a livello sociale, ma perchè esso è legato a due questioni chiavi e fondamentali che da sempre interessano filosofi, sociologhi e umanisti. La prima questione riguarda l’essenza del pensiero e della conoscenza, chiedendosi se sia possibile arrivare a una comprensione corretta del mondo o se invece la conoscenza sia sempre un processo illusorio e imperfetto. Sin dalla filosofia antica si è ampiamente discusso sulla teoria della conoscenza, riconoscendo in essa diverse forme, dall’ opinione all’esperienza sensibile fino a al cogliere l’essenza delle cose, poichè vediamo la realtà basandoci sulla ragione: questo è il modello della conoscenza certa e incorruttibile. È nell’età moderna però, che le origini e le teorie della conoscenza diventano l’argomento su cui si consolida la disciplina della gnoseologia, o “epistemology”, ad opera soprattutto della speculazione filosofica di Immanuel Kant, occupandosi dell’analisi dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza umana, intesa essenzialmente come relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, e sulle capacità di giudizio della realtà determinata dalle nostre categorie mentali: gli «apparati immagine del mondo». Il pregiudizio e lo stereotipo (importante notare l’etimologia stessa della parola pre, prima, antecedente, e giudizio), fanno parte di quelle categorie mentali della conoscenza a-priori, cioè innate nell’uomo, oppure è il risultato dell’evoluzione e dell’interazione con l’ambiente, quindi rientra nelle categorie di giudizio a-posteriori? La seconda questione riguarda la natura dell’essere umano, ritenuto secondo alcune teorie intrinsecamente buono, ben disposto verso gli altri, compassionevole, con una naturale predisposizione alla giustizia, alla pace e alla pietà verso i suoi simili (come pensavano filosofi quali Jean Jacques Rousseau e John Locke); mentre i sentimenti e i comportamenti negativi deriverebbero in seguito dalla società e da una cattiva organizzazione sociale. Dall’altra parte la natura dell’uomo è intrinsecamente egoista, aggressiva e competitiva, e di conseguenza la società avrebbe la funzione di organizzare e rendere meno cruenta tale competizione (come teorizza Thomas Hobbes, il quale pensiero è esemplificato nelle celebri frasi Bellum omnium contra omnes “la guerra di tutti contro tutti” e Homo homini lupus “ogni uomo è lupo per l’altro uomo”). Da qui, quindi, ci si domanda se il pregiudizio e lo stereotipo sono frutto dell’organizzazione dell’uomo in società con un assetto ostile, strutturata ad esempio in chiuse gerarchie e su forti ineguaglianze tra le differenti classi sociali, oppure basata su un’assetto sociale e politico fortemente individualista e nazionalista, eccessivamente patriottistico, che tende alla tutela della sua unità etnica e all’incremento della sua potenza. Dall’altra parte, invece, gli stereotipi e i pregiudizi sarebbero costruzioni mentali innate nell’uomo, strettamente legate al suo istinto competitivo, di prevalenza sugli altri uomini, e al suo istinto di sopravvivenza, utilizzati, quindi, come arma di difesa o come attacco ai proprio avversari e nemici, sempre con il fine di emergere sugli altri. In questo quadro, discipline quali la sociologia, l’antropologia, la psicologia, e in particolare la psicologia sociale, hanno prodotto molti studi che analizzano in dettaglio i diversi tipi di pregiudizi e i differenti stereotipi, ponendo attenzione ai loro meccanismi di formazione e di funzionamento. La tesi sviluppata vuole indagare il modo in cui lo stereotipo e il pregiudizio vengono utilizzati per determinare quei caratteri nazionali che nella comunicazione i mass media utilizzano per enfatizzare la propria o un’altra nazione. La ricerca storica e sociale della nascita delle nazioni, la creazione e l’utilizzo di costumi, le immagini, i caratteri tipografici e i colori sono fattori strettamente legati tra loro. Essi producono quell’insieme di elementi attraverso i quali è possibile riconoscere e identificare una nazione piuttosto che un’altra.

Flip on...! City. Studio e progettazione di un format per una guida turistica digitale anticonvenzionale basata sugli stereotipi

RATTI, ALJOSHA
2013/2014

Abstract

I termini Pregiudizio e Stereotipo nella nostra cultura moderna hanno assunto un forte significato negativo; basta pensare, infatti, al loro uso e riferimento più comune, che riguarda l’ostilità e l’avversione verso etnie diverse dal proprio gruppo di appartenenza, o verso minoranze di vario tipo. Ed è proprio in questo contesto socio-linguistico di riferimento che il pregiudizio e lo stereotipo hanno assunto la valenza significativa più grave, e cioè quella legata ai fenomeni di razzismo e discriminazione. Tuttavia anche nella vita quotidiana, nelle relazioni interpersonali, nei giudizi e pareri che esprimiamo sui più vari argomenti di tutti i giorni, consideriamo giusto e auspicabile riuscire a valutare le cose in maniera “oggettiva”, libera appunto da pregiudizi e stereotipi. Pensare infatti in base ad essi, è opinabile, non solo in quanto moralmente inaccettabile (come nel caso del pregiudizio razziale), ma anche, e soprattutto, in quanto fallimento della razionalità, quasi una rinuncia delle proprie capacità di interpretare correttamente la realtà attraverso l’effettiva esperienza e ragione. Nonostante questa connotazione negativa, i pregiudizi e gli stereotipi sono molto comuni e diffusi nel modo di pensare di tutti, tanto nel rapporto con gli altri, in particolare nei confronti di chi fa parte di culture differenti dalla propria, quanto nelle valutazioni e situazioni quotidiane; motivo per cui il nostro modo di pensare e di valutare la realtà appare, di conseguenza, decisamente meno elastico e libero di quanto vorremmo. Chi, infatti, nella società contemporanea, è capace di riconoscere e ammettere sinceramente di pensare o agire in base (o non) ad essi? Questo tema è stato trattato a fondo dalle scienze sociali e umanistiche, non solo per la sua rilevanza a livello sociale, ma perchè esso è legato a due questioni chiavi e fondamentali che da sempre interessano filosofi, sociologhi e umanisti. La prima questione riguarda l’essenza del pensiero e della conoscenza, chiedendosi se sia possibile arrivare a una comprensione corretta del mondo o se invece la conoscenza sia sempre un processo illusorio e imperfetto. Sin dalla filosofia antica si è ampiamente discusso sulla teoria della conoscenza, riconoscendo in essa diverse forme, dall’ opinione all’esperienza sensibile fino a al cogliere l’essenza delle cose, poichè vediamo la realtà basandoci sulla ragione: questo è il modello della conoscenza certa e incorruttibile. È nell’età moderna però, che le origini e le teorie della conoscenza diventano l’argomento su cui si consolida la disciplina della gnoseologia, o “epistemology”, ad opera soprattutto della speculazione filosofica di Immanuel Kant, occupandosi dell’analisi dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza umana, intesa essenzialmente come relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, e sulle capacità di giudizio della realtà determinata dalle nostre categorie mentali: gli «apparati immagine del mondo». Il pregiudizio e lo stereotipo (importante notare l’etimologia stessa della parola pre, prima, antecedente, e giudizio), fanno parte di quelle categorie mentali della conoscenza a-priori, cioè innate nell’uomo, oppure è il risultato dell’evoluzione e dell’interazione con l’ambiente, quindi rientra nelle categorie di giudizio a-posteriori? La seconda questione riguarda la natura dell’essere umano, ritenuto secondo alcune teorie intrinsecamente buono, ben disposto verso gli altri, compassionevole, con una naturale predisposizione alla giustizia, alla pace e alla pietà verso i suoi simili (come pensavano filosofi quali Jean Jacques Rousseau e John Locke); mentre i sentimenti e i comportamenti negativi deriverebbero in seguito dalla società e da una cattiva organizzazione sociale. Dall’altra parte la natura dell’uomo è intrinsecamente egoista, aggressiva e competitiva, e di conseguenza la società avrebbe la funzione di organizzare e rendere meno cruenta tale competizione (come teorizza Thomas Hobbes, il quale pensiero è esemplificato nelle celebri frasi Bellum omnium contra omnes “la guerra di tutti contro tutti” e Homo homini lupus “ogni uomo è lupo per l’altro uomo”). Da qui, quindi, ci si domanda se il pregiudizio e lo stereotipo sono frutto dell’organizzazione dell’uomo in società con un assetto ostile, strutturata ad esempio in chiuse gerarchie e su forti ineguaglianze tra le differenti classi sociali, oppure basata su un’assetto sociale e politico fortemente individualista e nazionalista, eccessivamente patriottistico, che tende alla tutela della sua unità etnica e all’incremento della sua potenza. Dall’altra parte, invece, gli stereotipi e i pregiudizi sarebbero costruzioni mentali innate nell’uomo, strettamente legate al suo istinto competitivo, di prevalenza sugli altri uomini, e al suo istinto di sopravvivenza, utilizzati, quindi, come arma di difesa o come attacco ai proprio avversari e nemici, sempre con il fine di emergere sugli altri. In questo quadro, discipline quali la sociologia, l’antropologia, la psicologia, e in particolare la psicologia sociale, hanno prodotto molti studi che analizzano in dettaglio i diversi tipi di pregiudizi e i differenti stereotipi, ponendo attenzione ai loro meccanismi di formazione e di funzionamento. La tesi sviluppata vuole indagare il modo in cui lo stereotipo e il pregiudizio vengono utilizzati per determinare quei caratteri nazionali che nella comunicazione i mass media utilizzano per enfatizzare la propria o un’altra nazione. La ricerca storica e sociale della nascita delle nazioni, la creazione e l’utilizzo di costumi, le immagini, i caratteri tipografici e i colori sono fattori strettamente legati tra loro. Essi producono quell’insieme di elementi attraverso i quali è possibile riconoscere e identificare una nazione piuttosto che un’altra.
ARC III - Scuola del Design
25-lug-2014
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
File allegati
File Dimensione Formato  
2014_07 Aljosha Ratti.pdf

non accessibile

Descrizione: testo della tesi
Dimensione 48.77 MB
Formato Adobe PDF
48.77 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri
Livello di stereotipo (guide turistiche).pdf

non accessibile

Descrizione: Tavola 1_ Livello di stereotipo Guide Turistiche
Dimensione 524.06 kB
Formato Adobe PDF
524.06 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri
Timeline Storica.pdf

non accessibile

Descrizione: Tavola 2_ Brighton Timeline Storica
Dimensione 349.83 kB
Formato Adobe PDF
349.83 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri
Time Line Turistica.pdf

non accessibile

Descrizione: Tavola 3_ Brighton Timeline Turistica
Dimensione 592.07 kB
Formato Adobe PDF
592.07 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri
Pittogrammi.pdf

non accessibile

Descrizione: Tavola 4_ Pittogrammi
Dimensione 105.38 kB
Formato Adobe PDF
105.38 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri

I documenti in POLITesi sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/93965