In the planning process design has always preceded the construction phase. The act of designing is an opportunity to organise one’s ideas, manage resources and predict results, and is made possible through the use of dedicated instruments. The conception phase, the starting point of any design, is translated into basic geometric elements such as lines, curves and surfaces, which are traced using instantaneous media that give tangible form to the symbols. Pencils, pens, compasses and other simple instruments have slowly been refined, remaining largely unchanged over the centuries, and it is only in the last four decades that they have been supplemented by computer systems. The introduction of the computer as a design tool has been epoch-making: as well as reducing execution times and increasing the accuracy of drawings, computers can design in a realistically simulated 3D space which allows for more structured forms of expression. However, with new possibilities comes increasingly complex tools that require users to become familiar with an interface system so they can use them effectively, negatively impacting on the improvisational aspect. For many years the digitalisation of draw has provoked a wide range of reactions, from enthusiasm to open criticism, but its advantages are such that nowadays it is difficult to think of any form of design that doesn’t use software and digital devices. The first phase in the production of drawings using computers, between the late 80’s and the mid-90’s, was characterised by the importance of hardware, which was continuously developed in order to optimise performances. The role of software was relegated to the simulation of the operational activities of traditional design. The computer was used as an effective “digital drafting machine” able to offer new possibilities such as copying/pasting or the deleting of operations, but projects were still represented in plans and sections, still very close, in conceptual terms, to design methods using rulers and set squares. During the second phase, between 1995 and the early 2000’s, 3D modelling programmes gradually began to have a greater influence on the design process. The level of involvement of software grew, developing from a representational role to having a direct influence on the process of generating forms, sometime even characterising the structure of the elements1.
Nel processo progettuale il disegno da sempre precede l’attività costruttiva. L’atto del disegnare costituisce un momento di organizzazione di idee, di gestione delle risorse e di previsione dei risultati, che è reso possibile dall’impiego di strumenti dedicati. La fase di ideazione, momento iniziale di qualsiasi progetto, è tradotta in enti geometrici fondamentali quali linee, curve e superfici, tracciati attraverso supporti di immediato utilizzo che permettono la materializzazione del segno. Matita, penna, compasso e altri semplici strumenti si sono affinati lentamente, rimanendo sostanzialmente invariati nel corso dei secoli, ed è solo negli ultimi quattro decenni che sono stati affiancati dai sistemi informatici. L’introduzione del computer come strumento di disegno ha determinato un mutamento epocale: oltre a contrarre i tempi di esecuzione ed aumentare l’accuratezza del segno, l’elaboratore permette di disegnare in uno spazio tridimensionale efficacemente simulato, consentendo l’espressione di forme più articolate. Nel corso degli anni Il livello di coinvolgimento del software passa dalla rappresentazione alla diretta influenza nel processo di generazione della forma, arrivando talvolta a caratterizzare la morfologia degli artefatti I cambiamenti di natura economica, sociale e culturale hanno accelerato l’avvento di una società digitale e globalizzata. In un mondo dove le periferiche hardware sono onnipresenti e costantemente interconnesse, il software e la capacità di gestirlo diventano determinanti. Il sistema materiale si subordina alla definizione dei codici e dei linguaggi che ne permettono il funzionamento. Nello specifico del disegno per il progetto, l’accresciuto livello di alfabetizzazione informatica ha portato i progettisti ad indagare i processi, spesso sconosciuti, che sottendono il funzionamento dello strumento digitale quotidianamente utilizzato. Questo interesse ha stimolato un nuovo tipo di modellazione, basata sulla logica elaborativa delle informazioni, che ha determinato una nuova fase di disegno assistito al computer, in cui la forma è generata attraverso la stesura di algoritmi. Un algoritmo è un procedimento sistematico basato su una successione di istruzioni univocamente interpretabili che spiegano come raggiungere un determinato obbiettivo. Utilizzato nel disegno promuove un indirizzo di ricerca basato sulla centralità del concetto di codice-procedura: se la risoluzione di un problema può essere descritta da un numero finito di passi, allo stesso modo l’identità di una forma è conseguenza dell’insieme di regole discrete che la definiscono. La forma non è definita a priori, ma deriva da un processo di affinamento di istanze concettuali, comunicative, strutturali e geometriche che porta al risultato più rispondente alle aspettative formulate in partenza. La libertà morfologica che contraddistingue le recenti produzioni nel mondo del design o dell’architettura, è il risultato di un utilizzo consapevole del medium digitale che s il progettista dai vincoli e dai condizionamenti dei software CAD tradizionali. La possibilità di disegnare geometrie articolate sarebbe evidentemente inutile senza la possibilità di una realizzazione. In parallelo allo sviluppo del software, o forse a causa di questo, si è assistito ad una convergenza verso la digitalizzazione dei processi produttivi, grazie a macchinari capaci di costruire globalmente o per parti l’oggetto progettato, a partire dal suo modello digitale. Questo processo è noto come Digital Fabrication e non richiede altre interpretazione oltre a quella del progettista, poiché il file viene preparato in scala reale e fabbricato senza il coinvolgimento di intermediari. Come spesso avviene nei primi momenti di adozione di una nuova tecnologia, alla diffusione esponenziale dello strumento in ambito professionale non è corrisposto un adeguato sviluppo teorico in grado di integrare la teoria del progetto col le potenzialità offerte. L’esaltazione per le nuove possibilità offerte dai nuovi applicativi ha determinato uno spostamento dalla concettualizzazione al mero tecnicismo. In un momento nel quale il disegno assistito dell’elaboratore accompagna il progettista dalla generazione della forma alla sua fabbricazione digitale, diventa sempre più necessaria l’integrazione con strumenti teorici di analisi e comprensione in grado di mantenere un alto livello di coerenza progettuale. Lo scopo della tesi è spiegare l’influenza dei software di modellazione generativa sulla teoria e sulla pratica del disegno, del progetto e della fabbricazione. In particolare si vuol capire in che misura, e secondo quali logiche, questi strumenti possano configurarsi anche come dispositivi concettuali, in grado di definire corrette procedure metodologiche per la progettazione assistita. Pertanto si propone un approccio di natura metodologica, finora scarsamente sviluppato, che integri nella percorso progettuale i metodi computazionali. A tale scopo l’indagine, da una parte approfondisce la relazione tra la geometria e lo strumento digitale, dall’altra studia come sia possibile utilizzare l’astrazione a fini progettuali, attraverso un unico processo sistemico in grado di gestire l’aumentato livello di complessità ammesso dal nuovo approccio. Il termine “complesso” non è da intendersi semplicemente col significato di “complicato”, ma come una precisa definizione che riporta alla scienza delle complessità, campo di ricerca non ancora completamente formalizzato, ma dotato di strumenti teorici idonei al nuovo contesto. Il termine complicato infatti ci riporta al latino cum plicum, che significa “piega del foglio”. Un problema complicato può essere quindi risolto spiegando, ossia “raddrizzando le pieghe”. Complesso deriva invece da cum plexum che significa “nodo” o “intreccio”. La soluzione ad un problema “complesso” è nell’intricato intreccio generato dai nodi, ovvero le relazioni intercorrenti tra gli elementi. Lo studio di sistemi complessi implica l’analisi di fenomeni composti da un gran numero di elementi, che interagiscono fra di loro creando una dinamica non prevedibile osservando il comportamento dei singoli elementi. Questi sistemi, apparentemente caotici, possono essere descritti da dinamiche non lineari e non additive. In un sistema lineare l’effetto di un insieme di elementi è la somma degli effetti considerati separatamente. Nell’insieme non appaiono nuove proprietà che non siano già presenti nei singoli elementi. In un sistema non lineare invece l'intero può essere maggiore della somma delle sue parti, poiché sono le connessioni tra i diversi elementi a determinare la struttura e l’organizzazione del sistema. Emergono delle proprietà collettive non prevedibili a priori, come risultato delle molteplici interazioni fra i diversi agenti che costituiscono il sistema. Queste dinamiche scompaiono nel momento in cui il sistema viene sezionato, materialmente e teoricamente, in elementi isolati. Nella visione sistemica le unità sono schemi di relazione, o pattern, inseriti all’interno di una rete più ampia di connessioni. Nel design ad esempio, la forma può essere considerata il risultato dell’interazione di precise condizioni formalizzabili e quantificabili (aspetto formale, materiali, vincoli fisici e temporali, scopo prefissato, interazione con l’utente, fattori economici e produttivi) ed un’istanza creativa che deve implementarsi. Queste determinati interagiscono reciprocamente per conseguire un fine comune, pertanto il processo progettuale presenta tutte le caratteristiche tipiche di un sistema complesso. Considerare l’attività progettuale secondo le teorie sistemiche, non significa solo scomporre il progetto nei suoi diversi livelli costitutivi, ma comprendere le relazioni che s’istaurano tra questi livelli, affinché mantengano uno stato di equilibrio. La rivoluzione insita nei nuovi strumenti digitali è l’avere trasformato la disciplina del disegno, portandola dalla rappresentazione iconica alla rappresentazione di relazioni e processi. In questa nuova dimensione le diverse istanze di progetto possono essere articolate in strutture relazionali emergenti in grado di trasferire al processo progettuale caratteristiche tipiche dei sistemi viventi quali la capacità di adattamento, di trasformazione e di auto-organizzazione. Questi comportamenti non possono essere controllati secondo il classico metodo lineare (top-down), che cerca di prevedere tutte le situazioni possibili e successivamente prescrive le modalità per affrontarle. Solo definendo il comportamento delle entità alla base del progetto (bottom-up) e lasciando alla potenza di calcolo del computer il compito di simulare l’effetto collettivo risultante dalle interazioni, è possibile verificare la validità dell’ipotesi progettuale. Se riconosciamo il progetto come sistema complesso basato sull’interconnessione di diversi fattori, è necessario un nuovo dispositivo in grado di integrare l’interazione delle diverse componenti, facendo interagire il contesto fisico, le caratteristiche culturali, gli aspetti sociali, il sistema costruttivo. In questa tesi si propone e si identifica il pattern come strumento metodologico in grado di creare struttura e coerenza tra diversi aspetti del progetto e sovraintendere ai suoi diversi livelli. In campo progettuale con “pattern” si intende in genere una rappresentazione grafica, spesso di tipo decorativo o ornamentale. L’approfondimento dell’etimologia del termine rivela però un significato più ampio, che conferisce alla nozione una certa flessibilità, sia di tipo interpretativo che strutturale. Nel suo significato originale infatti, il pattern disegna e configura la relazioni tra gli enti. È una rappresentazione astratta che identifica l’organizzazione e l’aspetto qualitativo della materia, permettendone la concretizzazione e il riconoscimento. In ultima analisi è possibile affermare che il pattern è la configurazione delle relazioni tra le componenti di un sistema, che ne determina le caratteristiche essenziali. Il modello concettuale proposto si basa su due distinti livelli teorici. Il primo è la ripresa delle teorie di Christopher Alexander che vede nel pattern lo strumento capace di sistematizzare gli elementi costitutivi del progetto e gestirne l’interdipendenza alle diverse scale. Il secondo livello integra i riferimenti della teoria dei sistemi complessi, enucleata da diversi autori e presentata in maniera sintetica ed efficace da Fritjof Capra nella sua descrizione di pattern. L’analisi di queste esperienze ed il confronto con il contesto storico odierno evidenzia la necessità di una nuova definizione. Partendo dallo studio delle diverse denominazioni oggi utilizzate per definire il paradigma si propone la definizione Design Procedurale per identificare in modo distintivo i caratteri del nuovo approccio progettuale. Al modello teorico segue l’analisi delle tecnologie che contraddistinguono la fabbricazione digitale. Lo studio, oltre a verificare le nuove possibilità produttive, è teso a capire le modalità organizzative necessaria alla gestione delle stesse e le possibili conseguenze sul contesto socio-econimico e sul ruolo del designer. Infine sono presentati i casi sperimentali effettuati nell’arco del corso di dottorato, il cui confronto mette in risalto le potenzialità della progettazione procedurale, aprendo a ulteriori sperimentazioni e ricerche. Nel processo progettuale il disegno da sempre precede l’attività costruttiva. L’atto del disegnare costituisce un momento di organizzazione di idee, di gestione delle risorse e di previsione dei risultati, che è reso possibile dall’impiego di strumenti dedicati. La fase di ideazione, momento iniziale di qualsiasi progetto, è tradotta in enti geometrici fondamentali quali linee, curve e superfici, tracciati attraverso supporti di immediato utilizzo che permettono la materializzazione del segno. Matita, penna, compasso e altri semplici strumenti si sono affinati lentamente, rimanendo sostanzialmente invariati nel corso dei secoli, ed è solo negli ultimi quattro decenni che sono stati affiancati dai sistemi informatici. L’introduzione del computer come strumento di disegno ha determinato un mutamento epocale: oltre a contrarre i tempi di esecuzione ed aumentare l’accuratezza del segno, l’elaboratore permette di disegnare in uno spazio tridimensionale efficacemente simulato, consentendo l’espressione di forme più articolate. Nel corso degli anni Il livello di coinvolgimento del software passa dalla rappresentazione alla diretta influenza nel processo di generazione della forma, arrivando talvolta a caratterizzare la morfologia degli artefatti I cambiamenti di natura economica, sociale e culturale hanno accelerato l’avvento di una società digitale e globalizzata. In un mondo dove le periferiche hardware sono onnipresenti e costantemente interconnesse, il software e la capacità di gestirlo diventano determinanti. Il sistema materiale si subordina alla definizione dei codici e dei linguaggi che ne permettono il funzionamento. Nello specifico del disegno per il progetto, l’accresciuto livello di alfabetizzazione informatica ha portato i progettisti ad indagare i processi, spesso sconosciuti, che sottendono il funzionamento dello strumento digitale quotidianamente utilizzato. Questo interesse ha stimolato un nuovo tipo di modellazione, basata sulla logica elaborativa delle informazioni, che ha determinato una nuova fase di disegno assistito al computer, in cui la forma è generata attraverso la stesura di algoritmi. Un algoritmo è un procedimento sistematico basato su una successione di istruzioni univocamente interpretabili che spiegano come raggiungere un determinato obbiettivo. Utilizzato nel disegno promuove un indirizzo di ricerca basato sulla centralità del concetto di codice-procedura: se la risoluzione di un problema può essere descritta da un numero finito di passi, allo stesso modo l’identità di una forma è conseguenza dell’insieme di regole discrete che la definiscono. La forma non è definita a priori, ma deriva da un processo di affinamento di istanze concettuali, comunicative, strutturali e geometriche che porta al risultato più rispondente alle aspettative formulate in partenza. La libertà morfologica che contraddistingue le recenti produzioni nel mondo del design o dell’architettura, è il risultato di un utilizzo consapevole del medium digitale che s il progettista dai vincoli e dai condizionamenti dei software CAD tradizionali. La possibilità di disegnare geometrie articolate sarebbe evidentemente inutile senza la possibilità di una realizzazione. In parallelo allo sviluppo del software, o forse a causa di questo, si è assistito ad una convergenza verso la digitalizzazione dei processi produttivi, grazie a macchinari capaci di costruire globalmente o per parti l’oggetto progettato, a partire dal suo modello digitale. Questo processo è noto come Digital Fabrication e non richiede altre interpretazione oltre a quella del progettista, poiché il file viene preparato in scala reale e fabbricato senza il coinvolgimento di intermediari. Come spesso avviene nei primi momenti di adozione di una nuova tecnologia, alla diffusione esponenziale dello strumento in ambito professionale non è corrisposto un adeguato sviluppo teorico in grado di integrare la teoria del progetto col le potenzialità offerte. L’esaltazione per le nuove possibilità offerte dai nuovi applicativi ha determinato uno spostamento dalla concettualizzazione al mero tecnicismo. In un momento nel quale il disegno assistito dell’elaboratore accompagna il progettista dalla generazione della forma alla sua fabbricazione digitale, diventa sempre più necessaria l’integrazione con strumenti teorici di analisi e comprensione in grado di mantenere un alto livello di coerenza progettuale. Lo scopo della tesi è spiegare l’influenza dei software di modellazione generativa sulla teoria e sulla pratica del disegno, del progetto e della fabbricazione. In particolare si vuol capire in che misura, e secondo quali logiche, questi strumenti possano configurarsi anche come dispositivi concettuali, in grado di definire corrette procedure metodologiche per la progettazione assistita. Pertanto si propone un approccio di natura metodologica, finora scarsamente sviluppato, che integri nella percorso progettuale i metodi computazionali. A tale scopo l’indagine, da una parte approfondisce la relazione tra la geometria e lo strumento digitale, dall’altra studia come sia possibile utilizzare l’astrazione a fini progettuali, attraverso un unico processo sistemico in grado di gestire l’aumentato livello di complessità ammesso dal nuovo approccio. Il termine “complesso” non è da intendersi semplicemente col significato di “complicato”, ma come una precisa definizione che riporta alla scienza delle complessità, campo di ricerca non ancora completamente formalizzato, ma dotato di strumenti teorici idonei al nuovo contesto. Il termine complicato infatti ci riporta al latino cum plicum, che significa “piega del foglio”. Un problema complicato può essere quindi risolto spiegando, ossia “raddrizzando le pieghe”. Complesso deriva invece da cum plexum che significa “nodo” o “intreccio”. La soluzione ad un problema “complesso” è nell’intricato intreccio generato dai nodi, ovvero le relazioni intercorrenti tra gli elementi. Lo studio di sistemi complessi implica l’analisi di fenomeni composti da un gran numero di elementi, che interagiscono fra di loro creando una dinamica non prevedibile osservando il comportamento dei singoli elementi. Questi sistemi, apparentemente caotici, possono essere descritti da dinamiche non lineari e non additive. In un sistema lineare l’effetto di un insieme di elementi è la somma degli effetti considerati separatamente. Nell’insieme non appaiono nuove proprietà che non siano già presenti nei singoli elementi. In un sistema non lineare invece l'intero può essere maggiore della somma delle sue parti, poiché sono le connessioni tra i diversi elementi a determinare la struttura e l’organizzazione del sistema. Emergono delle proprietà collettive non prevedibili a priori, come risultato delle molteplici interazioni fra i diversi agenti che costituiscono il sistema. Queste dinamiche scompaiono nel momento in cui il sistema viene sezionato, materialmente e teoricamente, in elementi isolati. Nella visione sistemica le unità sono schemi di relazione, o pattern, inseriti all’interno di una rete più ampia di connessioni. Nel design ad esempio, la forma può essere considerata il risultato dell’interazione di precise condizioni formalizzabili e quantificabili (aspetto formale, materiali, vincoli fisici e temporali, scopo prefissato, interazione con l’utente, fattori economici e produttivi) ed un’istanza creativa che deve implementarsi. Queste determinati interagiscono reciprocamente per conseguire un fine comune, pertanto il processo progettuale presenta tutte le caratteristiche tipiche di un sistema complesso. Considerare l’attività progettuale secondo le teorie sistemiche, non significa solo scomporre il progetto nei suoi diversi livelli costitutivi, ma comprendere le relazioni che s’istaurano tra questi livelli, affinché mantengano uno stato di equilibrio. La rivoluzione insita nei nuovi strumenti digitali è l’avere trasformato la disciplina del disegno, portandola dalla rappresentazione iconica alla rappresentazione di relazioni e processi. In questa nuova dimensione le diverse istanze di progetto possono essere articolate in strutture relazionali emergenti in grado di trasferire al processo progettuale caratteristiche tipiche dei sistemi viventi quali la capacità di adattamento, di trasformazione e di auto-organizzazione. Questi comportamenti non possono essere controllati secondo il classico metodo lineare (top-down), che cerca di prevedere tutte le situazioni possibili e successivamente prescrive le modalità per affrontarle. Solo definendo il comportamento delle entità alla base del progetto (bottom-up) e lasciando alla potenza di calcolo del computer il compito di simulare l’effetto collettivo risultante dalle interazioni, è possibile verificare la validità dell’ipotesi progettuale. Se riconosciamo il progetto come sistema complesso basato sull’interconnessione di diversi fattori, è necessario un nuovo dispositivo in grado di integrare l’interazione delle diverse componenti, facendo interagire il contesto fisico, le caratteristiche culturali, gli aspetti sociali, il sistema costruttivo. In questa tesi si propone e si identifica il pattern come strumento metodologico in grado di creare struttura e coerenza tra diversi aspetti del progetto e sovraintendere ai suoi diversi livelli. In campo progettuale con “pattern” si intende in genere una rappresentazione grafica, spesso di tipo decorativo o ornamentale. L’approfondimento dell’etimologia del termine rivela però un significato più ampio, che conferisce alla nozione una certa flessibilità, sia di tipo interpretativo che strutturale. Nel suo significato originale infatti, il pattern disegna e configura la relazioni tra gli enti. È una rappresentazione astratta che identifica l’organizzazione e l’aspetto qualitativo della materia, permettendone la concretizzazione e il riconoscimento. In ultima analisi è possibile affermare che il pattern è la configurazione delle relazioni tra le componenti di un sistema, che ne determina le caratteristiche essenziali. Il modello concettuale proposto si basa su due distinti livelli teorici. Il primo è la ripresa delle teorie di Christopher Alexander che vede nel pattern lo strumento capace di sistematizzare gli elementi costitutivi del progetto e gestirne l’interdipendenza alle diverse scale. Il secondo livello integra i riferimenti della teoria dei sistemi complessi, enucleata da diversi autori e presentata in maniera sintetica ed efficace da Fritjof Capra nella sua descrizione di pattern. L’analisi di queste esperienze ed il confronto con il contesto storico odierno evidenzia la necessità di una nuova definizione. Partendo dallo studio delle diverse denominazioni oggi utilizzate per definire il paradigma si propone la definizione Design Procedurale per identificare in modo distintivo i caratteri del nuovo approccio progettuale. Al modello teorico segue l’analisi delle tecnologie che contraddistinguono la fabbricazione digitale. Lo studio, oltre a verificare le nuove possibilità produttive, è teso a capire le modalità organizzative necessaria alla gestione delle stesse e le possibili conseguenze sul contesto socio-econimico e sul ruolo del designer. Infine sono presentati i casi sperimentali effettuati nell’arco del corso di dottorato, il cui confronto mette in risalto le potenzialità della progettazione procedurale, aprendo a ulteriori sperimentazioni e ricerche.
Procedural design and ordered complexity. Code, pattern and digital fabbrication
BURATTI, GIORGIO
Abstract
In the planning process design has always preceded the construction phase. The act of designing is an opportunity to organise one’s ideas, manage resources and predict results, and is made possible through the use of dedicated instruments. The conception phase, the starting point of any design, is translated into basic geometric elements such as lines, curves and surfaces, which are traced using instantaneous media that give tangible form to the symbols. Pencils, pens, compasses and other simple instruments have slowly been refined, remaining largely unchanged over the centuries, and it is only in the last four decades that they have been supplemented by computer systems. The introduction of the computer as a design tool has been epoch-making: as well as reducing execution times and increasing the accuracy of drawings, computers can design in a realistically simulated 3D space which allows for more structured forms of expression. However, with new possibilities comes increasingly complex tools that require users to become familiar with an interface system so they can use them effectively, negatively impacting on the improvisational aspect. For many years the digitalisation of draw has provoked a wide range of reactions, from enthusiasm to open criticism, but its advantages are such that nowadays it is difficult to think of any form of design that doesn’t use software and digital devices. The first phase in the production of drawings using computers, between the late 80’s and the mid-90’s, was characterised by the importance of hardware, which was continuously developed in order to optimise performances. The role of software was relegated to the simulation of the operational activities of traditional design. The computer was used as an effective “digital drafting machine” able to offer new possibilities such as copying/pasting or the deleting of operations, but projects were still represented in plans and sections, still very close, in conceptual terms, to design methods using rulers and set squares. During the second phase, between 1995 and the early 2000’s, 3D modelling programmes gradually began to have a greater influence on the design process. The level of involvement of software grew, developing from a representational role to having a direct influence on the process of generating forms, sometime even characterising the structure of the elements1.File | Dimensione | Formato | |
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