I giardini pubblici di Porta Venezia rappresentano contemporaneamente il più antico parco di Milano ed una parte molto importante della memoria collettiva cittadina. Sul finire del XVII secolo, la città si distingueva in Italia per la sua avanguardia, favorita dal governo illuminato di Maria Teresa: veniva realizzato un parco pubblico, ossia aperto a tutti i cittadini. Oggi, la tesi si pone l’obiettivo di indagare come nella società contemporanea l’architettura e il mestiere dell’architetto siano radicalmente cambiati, la città non è fatta di edifici, ma di cose che succedono all’interno di essi, o fuori, o sopra, o sotto di essi. La città mantiene un’apparenza fisica ma sono le persone che la vivono e le loro attività a renderla tale. Si vuole raccontare una città di attività e non più di cemento. La tesi, come fosse un progetto di regia, propone immaginari possibili, attorno ad una architettura: un ex-deposito del verde. L’intento di ri-attivazione sociale prevede un approccio induttivo, che va dallo specifico ad una sistematizzazione generale: si parte da un’analisi degli utenti che vivono gli spazi, dalla storia degli stessi, dal progetto di un landmark nella città e si ipotizza una possibile azione virale. La città contemporanea è fatta di migliaia di persone che generano e consumano contenuti: ognuno con bisogni, desideri ed interessi, talvolta uguali, ed è nella condivisione che si generano attività.
Il boulevard contemporaneo : mosaico di episodi virali
FERRARINI, ALESSIA;CURTI, GIULIA
2015/2016
Abstract
I giardini pubblici di Porta Venezia rappresentano contemporaneamente il più antico parco di Milano ed una parte molto importante della memoria collettiva cittadina. Sul finire del XVII secolo, la città si distingueva in Italia per la sua avanguardia, favorita dal governo illuminato di Maria Teresa: veniva realizzato un parco pubblico, ossia aperto a tutti i cittadini. Oggi, la tesi si pone l’obiettivo di indagare come nella società contemporanea l’architettura e il mestiere dell’architetto siano radicalmente cambiati, la città non è fatta di edifici, ma di cose che succedono all’interno di essi, o fuori, o sopra, o sotto di essi. La città mantiene un’apparenza fisica ma sono le persone che la vivono e le loro attività a renderla tale. Si vuole raccontare una città di attività e non più di cemento. La tesi, come fosse un progetto di regia, propone immaginari possibili, attorno ad una architettura: un ex-deposito del verde. L’intento di ri-attivazione sociale prevede un approccio induttivo, che va dallo specifico ad una sistematizzazione generale: si parte da un’analisi degli utenti che vivono gli spazi, dalla storia degli stessi, dal progetto di un landmark nella città e si ipotizza una possibile azione virale. La città contemporanea è fatta di migliaia di persone che generano e consumano contenuti: ognuno con bisogni, desideri ed interessi, talvolta uguali, ed è nella condivisione che si generano attività.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/126844