The aim of the thesis is to retrace the development of the identity manual as a supporting tool in the management of corporate communication. In its most canonical and well-known form, the instrument was officially born during the years marked by the School of Ulm and the spread of the so-called International Typographic Style, whose contribution was decisive for the development of corporate identity and whose influence is still present in current practice. In this period the manual was intended as a document “to be executed strictly, literally, without the possibility of adaptation or interpretation”, remaining so rooted in the design field. Though arisen from the best intentions, today the manual is often considered as a closed document, static and impository, a pure formality provided by the good practice of design methodology — when not a completely inadequate resource to face the needs of an organisation in the times and patterns required by the contemporary workflows, radically changed since it has established itself as a working tool. Returning to the limelight recently thanks to the initiative of some independent publishing houses, the first question the research tries to answer is whether the manual is still part of the contemporary design practice and, if so, how the fruition models and access to its contents have evolved, as well as the related value system, and finally which factors should an instrument of this type take into account to be effective today. Since the bibliographic sources available for the deepening of these themes have often proved to be fragmentary, mostly bound to the period of greatest popularity of the manual (the Sixties and the Seventies’ decades), the interview was recognised as the best solution to achieve a richer and more accurate report on the evolution of these instruments — in particular for what concerns the present scenarios, where a theorization about this subject seems to be less copious. The bibliographic research and the collection of testimonies was then accompanied, of course, by the direct study of the coordination tools, thanks to the collaboration of design archives and professionals, both Italian and foreign. These sources then required the matching or integration of bibliographic and iconographic materials from the net. Finally, considering the amount of information and materials collected, it seemed more convenient to return them also under a statistical point of view, in order to support the research with a more objective and synthetic output, given here as a separate understanding tool.

Scopo della tesi è ripercorrere lo sviluppo del manuale d’identità visiva come strumento di supporto nella gestione della comunicazione di impresa. Nella sua forma più canonica e nota, lo strumento nasce ufficialmente negli anni segnati dall’esperienza della Scuola di Ulm e dalla diffusione del cosiddetto Stile tipografico internazionale a partire dagli anni Cinquanta, il cui apporto è stato decisivo per lo sviluppo dell’immagine coordinata e la cui influenza è ancora fortemente presente nella pratica attuale. In questo periodo il manuale nasce come un documento «da eseguire rigorosamente, alla lettera, senza possibilità di adattamento o di interpretazioni», rimanendo così radicato nella memoria collettiva. Pur essendo nato dai migliori presupposti, oggi non di rado si è portati a considerare il manuale come un documento chiuso, statico e impositivo, la cui stesura è una pura formalità prevista dalla buona prassi della metodologia progettuale — quando non addirittura una risorsa del tutto inadeguata per fronteggiare le esigenze di comunicazione più quotidiane nei tempi e negli schemi richiesti dagli attuali flussi di lavoro, radicalmente mutati da quando esso si è affermato come strumento di controllo. Tornato alla ribalta di recente attraverso l’iniziativa di alcune case editrici indipendenti, il primo interrogativo a cui si cerca di rispondere è se il manuale rientri ancora nella pratica progettuale contemporanea, e in quel caso, come si sono evoluti il sistema di valori ad esso associato, le modalità di fruizione e accesso ai suoi contenuti, e infine di quali fattori debba tenere conto oggi uno strumento di questo tipo per essere davvero risolutivo. Poiché le fonti bibliografiche a disposizione per l’approfondimento di questi temi si sono dimostrate spesso frammentarie e per lo più vincolate al periodo di maggior popolarità del manuale di immagine (gli anni Sessanta e Settanta); l’intervista si è presentata come la soluzione più adatta per ottenere un resoconto più ricco ed accurato dell’evoluzione dello strumento, in particolare per quanto riguarda gli scenari più attuali, dove una teorizzazione di tali strumenti risulta quasi assente. Alla ricerca bibliografica e alla raccolta di testimonianze si è poi affiancato, naturalmente, lo studio diretto degli strumenti di coordinamento, reso possibile grazie alla collaborazione di archivi e professionisti, sia italiani che esteri. Queste fonti hanno poi richiesto l’abbinamento o l’integrazione di materiali bibliografici e iconografici reperiti in rete. Data la quantità di informazioni e materiali raccolti, infine, si è ritenuto opportuno completare il tutto con una lettura statistica degli stessi, in maniera tale da supportare la ricerca attraverso la restituzione, all’esterno, di dati più obiettivi e sintetici.

La Bibbia rivista. Ricerca, analisi e riflessioni sugli strumenti di coordinamento visivo

SIMONCELLI, CHIARA
2017/2018

Abstract

The aim of the thesis is to retrace the development of the identity manual as a supporting tool in the management of corporate communication. In its most canonical and well-known form, the instrument was officially born during the years marked by the School of Ulm and the spread of the so-called International Typographic Style, whose contribution was decisive for the development of corporate identity and whose influence is still present in current practice. In this period the manual was intended as a document “to be executed strictly, literally, without the possibility of adaptation or interpretation”, remaining so rooted in the design field. Though arisen from the best intentions, today the manual is often considered as a closed document, static and impository, a pure formality provided by the good practice of design methodology — when not a completely inadequate resource to face the needs of an organisation in the times and patterns required by the contemporary workflows, radically changed since it has established itself as a working tool. Returning to the limelight recently thanks to the initiative of some independent publishing houses, the first question the research tries to answer is whether the manual is still part of the contemporary design practice and, if so, how the fruition models and access to its contents have evolved, as well as the related value system, and finally which factors should an instrument of this type take into account to be effective today. Since the bibliographic sources available for the deepening of these themes have often proved to be fragmentary, mostly bound to the period of greatest popularity of the manual (the Sixties and the Seventies’ decades), the interview was recognised as the best solution to achieve a richer and more accurate report on the evolution of these instruments — in particular for what concerns the present scenarios, where a theorization about this subject seems to be less copious. The bibliographic research and the collection of testimonies was then accompanied, of course, by the direct study of the coordination tools, thanks to the collaboration of design archives and professionals, both Italian and foreign. These sources then required the matching or integration of bibliographic and iconographic materials from the net. Finally, considering the amount of information and materials collected, it seemed more convenient to return them also under a statistical point of view, in order to support the research with a more objective and synthetic output, given here as a separate understanding tool.
ARC III - Scuola del Design
4-ott-2018
2017/2018
Scopo della tesi è ripercorrere lo sviluppo del manuale d’identità visiva come strumento di supporto nella gestione della comunicazione di impresa. Nella sua forma più canonica e nota, lo strumento nasce ufficialmente negli anni segnati dall’esperienza della Scuola di Ulm e dalla diffusione del cosiddetto Stile tipografico internazionale a partire dagli anni Cinquanta, il cui apporto è stato decisivo per lo sviluppo dell’immagine coordinata e la cui influenza è ancora fortemente presente nella pratica attuale. In questo periodo il manuale nasce come un documento «da eseguire rigorosamente, alla lettera, senza possibilità di adattamento o di interpretazioni», rimanendo così radicato nella memoria collettiva. Pur essendo nato dai migliori presupposti, oggi non di rado si è portati a considerare il manuale come un documento chiuso, statico e impositivo, la cui stesura è una pura formalità prevista dalla buona prassi della metodologia progettuale — quando non addirittura una risorsa del tutto inadeguata per fronteggiare le esigenze di comunicazione più quotidiane nei tempi e negli schemi richiesti dagli attuali flussi di lavoro, radicalmente mutati da quando esso si è affermato come strumento di controllo. Tornato alla ribalta di recente attraverso l’iniziativa di alcune case editrici indipendenti, il primo interrogativo a cui si cerca di rispondere è se il manuale rientri ancora nella pratica progettuale contemporanea, e in quel caso, come si sono evoluti il sistema di valori ad esso associato, le modalità di fruizione e accesso ai suoi contenuti, e infine di quali fattori debba tenere conto oggi uno strumento di questo tipo per essere davvero risolutivo. Poiché le fonti bibliografiche a disposizione per l’approfondimento di questi temi si sono dimostrate spesso frammentarie e per lo più vincolate al periodo di maggior popolarità del manuale di immagine (gli anni Sessanta e Settanta); l’intervista si è presentata come la soluzione più adatta per ottenere un resoconto più ricco ed accurato dell’evoluzione dello strumento, in particolare per quanto riguarda gli scenari più attuali, dove una teorizzazione di tali strumenti risulta quasi assente. Alla ricerca bibliografica e alla raccolta di testimonianze si è poi affiancato, naturalmente, lo studio diretto degli strumenti di coordinamento, reso possibile grazie alla collaborazione di archivi e professionisti, sia italiani che esteri. Queste fonti hanno poi richiesto l’abbinamento o l’integrazione di materiali bibliografici e iconografici reperiti in rete. Data la quantità di informazioni e materiali raccolti, infine, si è ritenuto opportuno completare il tutto con una lettura statistica degli stessi, in maniera tale da supportare la ricerca attraverso la restituzione, all’esterno, di dati più obiettivi e sintetici.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/143107