La tesi verte sul progetto del museo diffuso della battaglia di Solferino; evento cardine di quell’insieme più ampio di eventi bellici e politici riconducibili alla seconda guerra d’indipendenza, quando si costituì anche il Comitato internazionale della Croce Rossa. Questa battaglia, accaduta più di cinquecento anni fa, non risiede più nelle memorie parentali delle nostre generazioni (come accade ad esempio per le memorie delle guerre mondiali) e ogni suo ricordo non può che essere demandato ai testi o ai monumenti che sono stati votati alla commemorazione di quei fatti e di quegli ideali che sono tanto specifici per quel tempo, quanto universali per il nostro. Attualmente il sistema dei monumenti commemorativi della battaglia di Solferino lavora in una dimensione astratta, quasi cristallizzata, che spesso si esprime attraverso forme celebrative istituzionali fortemente retoriche. Condizione questa che crea uno stridente contrasto con la vocazione turistica della zona del Garda. In questa condizione appare sempre più necessario cercare di riaffermare un sistema narrativo e commemorativo che possa essere non solo meno retorico, ma anche staccato da quella velocità di un turismo mordi e fuggi che vede nelle torri/monumento un punto stilisticamente appagante di belvedere sul lago e gli ossari come una macabra scenografia per il culto. La necessità è quella di far leggere i monumenti insieme, come un unico grande sistema, per mostrare la scala della battaglia e rendere quell’alto numero di vittime davvero reale e plausibile se collegato a un fronte della battaglia di oltre venti chilometri, operando al contempo su questi per far emergere aspetti meno eroici e più umani, legati a quella che era la vita del militare piuttosto che dell’eroe, nonché dettagliando figure in maniera sempre più precisa e viva. Per fare ciò, andiamo ad utilizzare quell’apparato iconografico e documentaristico che ci è pervenuto dall’epoca e che di essa fissa la cultura materiale, evidenziandolo attraverso una serie di situazioni spaziali che spingono all’introspettività e all’isolamento. Il progetto, dunque, non mira a sostituire il modo di commemorare retorico/istituzionale, che esiste e deve mantenersi, ma vuole implementare le possibilità di vivere questi luoghi in un modo diverso, per rendere ancora più efficace quel monere che è etimologicamente nella parola monumento.
240659. Il museo diffuso della battaglia di Solferino
TACCAGNI, MARCO;MACCHI, DAVIDE
2014/2015
Abstract
La tesi verte sul progetto del museo diffuso della battaglia di Solferino; evento cardine di quell’insieme più ampio di eventi bellici e politici riconducibili alla seconda guerra d’indipendenza, quando si costituì anche il Comitato internazionale della Croce Rossa. Questa battaglia, accaduta più di cinquecento anni fa, non risiede più nelle memorie parentali delle nostre generazioni (come accade ad esempio per le memorie delle guerre mondiali) e ogni suo ricordo non può che essere demandato ai testi o ai monumenti che sono stati votati alla commemorazione di quei fatti e di quegli ideali che sono tanto specifici per quel tempo, quanto universali per il nostro. Attualmente il sistema dei monumenti commemorativi della battaglia di Solferino lavora in una dimensione astratta, quasi cristallizzata, che spesso si esprime attraverso forme celebrative istituzionali fortemente retoriche. Condizione questa che crea uno stridente contrasto con la vocazione turistica della zona del Garda. In questa condizione appare sempre più necessario cercare di riaffermare un sistema narrativo e commemorativo che possa essere non solo meno retorico, ma anche staccato da quella velocità di un turismo mordi e fuggi che vede nelle torri/monumento un punto stilisticamente appagante di belvedere sul lago e gli ossari come una macabra scenografia per il culto. La necessità è quella di far leggere i monumenti insieme, come un unico grande sistema, per mostrare la scala della battaglia e rendere quell’alto numero di vittime davvero reale e plausibile se collegato a un fronte della battaglia di oltre venti chilometri, operando al contempo su questi per far emergere aspetti meno eroici e più umani, legati a quella che era la vita del militare piuttosto che dell’eroe, nonché dettagliando figure in maniera sempre più precisa e viva. Per fare ciò, andiamo ad utilizzare quell’apparato iconografico e documentaristico che ci è pervenuto dall’epoca e che di essa fissa la cultura materiale, evidenziandolo attraverso una serie di situazioni spaziali che spingono all’introspettività e all’isolamento. Il progetto, dunque, non mira a sostituire il modo di commemorare retorico/istituzionale, che esiste e deve mantenersi, ma vuole implementare le possibilità di vivere questi luoghi in un modo diverso, per rendere ancora più efficace quel monere che è etimologicamente nella parola monumento.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/117593