Le città contemporanee necessitano di luoghi in cui i cittadini possano incontrarsi e condividere la loro vita e le loro esperienze. Inoltre, nel nostro paese il fenomeno dell'immigrazione comporta il problema dell'integrazione tra uomini e donne di culture diverse. A partire da queste semplici osservazioni, nasce l'idea di un progetto per la riconversione dell'edificio industruale dell'ex deposito S.A.I. Montedison in un centro interculturale collocato a Milano in viale Ortles, nei pressi dello Scalo di Porta Romana. Il progetto è il risultato dell'analisi dell'evolversi nel tempo della tipologia del centro culturale. Per questo il progetto è stato preceduto dall'analisi di casi studio che hanno affrontato in modo diverso questa tematica. L’analisi di questi esempi mette in evidenza come dietro al termine “centro culturale” si nascondano in realtà casistiche molto differenti: diversi possono essere i servizi offerti, le logiche compositive, le forme di gestione, l’impianto architettonico. Ciò che accumuna tutti gli esempi sembra essere la loro natura di “centri polivalenti”, ovvero di centri capaci di offrire più di un servizio nello stesso luogo. Sembra quasi che affrontare il problema sotto un profilo tipologico intrappoli e impoverisca i processi e le motivazioni architettoniche riconoscibili in ogni progetto. L’indeterminatezza è infatti protagonista nella maggior parte degli esempi di centri culturali realizzati, nei quali la composizione architettonica è dettata principalmente dalla definizione di spazi che non hanno una precisa destinazione. Il risultato è quindi una grande originalità della costruzione, che, non dovendo seguire con rigidezza alcun modello, sfocia in una libertà linguistica e compositiva. Dovendosi confrontare con la problematica dell'integrazione tra culture diverse, è stato svolto un breve studio sull'immigrazione, l'integrazione e la convivenza di identità culturali diverse nel territorio milanese. La scelta di realizzare il progetto all'interno di un edificio dismesso ha comportato la necessità di confrontarsi con la tematica del riuso di fabbricati industriali. Le aree industriali dismesse sono prima di tutto una risorsa sociale: esistono diversi casi in cui aree dismesse sono state riconvertite in funzioni aggregative e ricreative, mediante la creazione di centri sociali, strutture di aggregazione giovanile, centri socio-culturali e per il tempo libero, offrendo nuove opportunità sociali alla città e ai suoi utenti, testimonianza anche del forte desiderio di riappropriazione dello spazio urbano.

Nella città interetnica. Spazi per nuove relazioni culturali. Progetto per un centro interculturale a Milano

GIABBANELLI, SILVIA;SPREAFICO, STEFANO;RUSCONI, ALBERTO
2011/2012

Abstract

Le città contemporanee necessitano di luoghi in cui i cittadini possano incontrarsi e condividere la loro vita e le loro esperienze. Inoltre, nel nostro paese il fenomeno dell'immigrazione comporta il problema dell'integrazione tra uomini e donne di culture diverse. A partire da queste semplici osservazioni, nasce l'idea di un progetto per la riconversione dell'edificio industruale dell'ex deposito S.A.I. Montedison in un centro interculturale collocato a Milano in viale Ortles, nei pressi dello Scalo di Porta Romana. Il progetto è il risultato dell'analisi dell'evolversi nel tempo della tipologia del centro culturale. Per questo il progetto è stato preceduto dall'analisi di casi studio che hanno affrontato in modo diverso questa tematica. L’analisi di questi esempi mette in evidenza come dietro al termine “centro culturale” si nascondano in realtà casistiche molto differenti: diversi possono essere i servizi offerti, le logiche compositive, le forme di gestione, l’impianto architettonico. Ciò che accumuna tutti gli esempi sembra essere la loro natura di “centri polivalenti”, ovvero di centri capaci di offrire più di un servizio nello stesso luogo. Sembra quasi che affrontare il problema sotto un profilo tipologico intrappoli e impoverisca i processi e le motivazioni architettoniche riconoscibili in ogni progetto. L’indeterminatezza è infatti protagonista nella maggior parte degli esempi di centri culturali realizzati, nei quali la composizione architettonica è dettata principalmente dalla definizione di spazi che non hanno una precisa destinazione. Il risultato è quindi una grande originalità della costruzione, che, non dovendo seguire con rigidezza alcun modello, sfocia in una libertà linguistica e compositiva. Dovendosi confrontare con la problematica dell'integrazione tra culture diverse, è stato svolto un breve studio sull'immigrazione, l'integrazione e la convivenza di identità culturali diverse nel territorio milanese. La scelta di realizzare il progetto all'interno di un edificio dismesso ha comportato la necessità di confrontarsi con la tematica del riuso di fabbricati industriali. Le aree industriali dismesse sono prima di tutto una risorsa sociale: esistono diversi casi in cui aree dismesse sono state riconvertite in funzioni aggregative e ricreative, mediante la creazione di centri sociali, strutture di aggregazione giovanile, centri socio-culturali e per il tempo libero, offrendo nuove opportunità sociali alla città e ai suoi utenti, testimonianza anche del forte desiderio di riappropriazione dello spazio urbano.
AVERNA, MARTA
LEVI DELLA TORRE, STEFANO
DONDI, LAVINIA
COLZANI, STEFANIA
ARC II - Scuola di Architettura Civile
25-lug-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/63721