Il progetto mira ad una pianificazione integrata che si orienti verso un sistema di intervento urbanistico, architettonico e artistico andando a lavorare su circuiti che attivino relazioni tra contesti per la creazione di una nuova rete di scambi e di esperienze in crescita costante. Partendo da un presupposto di una Città-Laboratorio, l’obbiettivo non è semplicemente riprogettare gli spazi cambiando destinazione d’uso, ma anche quello di contribuire a tracciare un itinerario sociale, economico e politico fondato su: Sostenibilità ambientale Partecipazione attività del cittadino Integrazione multidisciplinare che comprenda urbanistica, arte pubblica e architettura per la valorizzazione del patrimonio pubblico: ambientale, urbano e paesaggistico sia esistente sia in via di realizzazione. L’idea di sfruttare aree dismesse della città, come la caserma Ottaviani di Brescia, generalmente sono vissute all’inizio come un problema sociale ed economico, ma è intorno alla loro rigenerazione che si sviluppa una nuova stagione dell’urbanistica e così anche del nuovo modo di riprogettare gli spazi. Ritengo che le aree dismesse possano costituire una grande risorsa per recuperare quei luoghi che un tempo erano il simbolo della città. La caserma Ottaviani, costruita a fine ‘800 subì diverse modifiche, solo dopo la seconda guerra mondiale, con l’inserimento di nuovi blocchi edilizi, cambiando così la forma iniziale. Con i piani regolatori e le cartografie non si riesce a comprendere l’insieme delle opere che hanno caratterizzato il modificarsi nel tempo del complesso edilizio, ma avendo la documentazione fotografica, si arriva a tracciare le tappe storiche. Il progetto architettonico suddivide principalmente l’aerea in 3 punti: residenziale, produttiva e spazi verdi. La parte residenziale che si inserisce nei blocchi edilizi, un tempo progettati e usati come camerate, sono 8 totali tutti uguali fra di loro a 2 piani ed hanno una struttura portante in muratura di spessore 70 cm. I disegni dello stato di fatto danno indicazioni sulla tipologia residenziale suggerendo così appartamenti-loft con soppalco. La sezione nominata produttiva comprende l’intero spazio del bloco C. L’interno è libero e flessibile e sono stati studiati i punti precisi per i servizi idraulici ed elettrici a disposizione di laboratori, officine, uffici e piccoli atelier. Per quanto riguarda gli spazi verdi all’aperto la progettazione si è basata principalmente sull’importanza degli orti urbani la quale è stata riconosciuta solo negli ultimi anni. La fascia centrale, che collega l’ingresso principale esistente e i due ingressi aggiunti sul lato opposto dove è stato demolito l’edificio a C, diventa interamente area coltivabile suddivisa in orti urbani e frutteti, mentre i due ingressi laterali delimitano il lato ovest della caserma. Percorendo tutto il viale si trova inizialmente la zona dedicata a prato alberato, successivamente quella dedicata a orti e infine il bosco. Al centro dell’intero lotto lungo la fascia centrale, è stato studiato un sistema di depurazione delle acque piovane attraverso una vasca di fitodepurazione. La fitodepurazione è un sistema naturale di depurazione delle acque di scarico costituito da un bacino impermeabilizzato riempito con materiale ghiaioso e vegetato da piante acquatiche.La depurazione avviene mediante l'azione combinata tra substrato ghiaioso, piante, refluo e microrganismi presenti. All'interno del letto di ghiaia, al passaggio delle acque reflue, si formano microrganismi che mettono in atto reazioni biochimiche di degradazione delle sostanze inquinanti. Le piante, oltre a partecipare attivamente all'eliminazione degli inquinanti, forniscono l'ossigeno necessario alle reazioni trasportandolo dall'apparato foliare a quello radicale. Per questo motivo solo le specie vegetali che possiedono determinate caratteristiche possono essere impiegate negli impianti di fitodepurazione: in particolare le specie più utilizzate a livello internazionale sono Phragmites Australis, Carex, Juncus, Typha, Iris. Il bacino, una volta impermeabilizzato, viene riempito con materiale inerte selezionato sul quale saranno direttamente piantumate le diverse essenze vegetali macrofite atte alla depurazione. La tecnica della fitodepurazione si è sviluppata in tutta Europa, in particolare nei paesi nordici (Regno Unito, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Svezia) a partire dalla metà degli anni '80, ed è in fase di espansione e oggetto di numerosi studi volti all'affinamento delle tecniche esistenti. In Italia, così come nei paesi mediterranei, la fitodepurazione non è stata inizialmente considerata, mentre a partire dai primi anni '90 ha iniziato ad essere sperimentata. I successi ottenuti nei primi anni di sperimentazione in Italia, hanno spinto varie aziende operanti nel settore delle acque ad entrare nel mercato offrendo anche questo tipo di prodotto, non sempre però con le dovute conoscenze tecnico - pratiche. Ci sono diverse tipologie di piante presenti nella vasca fitodepurativa: Phragmites australis (cannuccia di palude) Carex Typha Scirpus Iris Pseudacorus Il sistema utilizzato è quello a flusso superficiale: i sistemi a flusso libero riproducono esattamente i meccanismi di autodepurazione delle zone umide. Consistono in vasche o canali poco profondi (profondità generalmente limitata a poche decine di centimetri) e impermeabili con un substrato che costituisce il supporto per le radici delle piante emergenti. La superficie dell’acqua è costantemente al di sopra del substrato e pertanto questa è sempre esposta all’atmosfera. Il flusso dell'acqua è orizzontale e l’altezza del livello dell'acqua varia in relazione alle caratteristiche del refluo min ingresso, al livello di trattamento che si intende raggiungere es al tipo di essenze impiegate. Tali sistemi essendo riconducibili ad un'area umida naturale hanno anche una valenza naturalistica ed ambientale ma di contro richiedono una superficie elevata. L'edificio centrale a pianta libera, realizzato per essere la palestra dei militari, si appresta ad uno spazio di uso pubblico per eventi di diverso genere. Questo tipo di luogo è stato pensato anche all'aperto, per essere abitato dagli attori che popoleranno la ex caserma. Lo studio della struttura di questo padiglione si basa sulle piante del piano terra e del primo piano dell'edificio che sorgeva esattamente su quello spazio. Un gioco di setti e scale che portano la persona ad esplorare un luogo nuovo con una diversa sensibilità atta alla socializzazione. Con un sistema a pompa il padiglione può essere in parte allagato, grazie alla vicinanza con la vasca di fitodepurazione. Tutto lo spazio che occupava la caserma immerso nel verde acquista valore e riempie un vuoto con cui la città di Brescia ha vissuto negli ultimi 20 anni.

Zona demilitarizzata. Progetto di riqualificazione architettonica della ex caserma Ottaviani a Brescia

GUERINI, CLAUDIA
2011/2012

Abstract

Il progetto mira ad una pianificazione integrata che si orienti verso un sistema di intervento urbanistico, architettonico e artistico andando a lavorare su circuiti che attivino relazioni tra contesti per la creazione di una nuova rete di scambi e di esperienze in crescita costante. Partendo da un presupposto di una Città-Laboratorio, l’obbiettivo non è semplicemente riprogettare gli spazi cambiando destinazione d’uso, ma anche quello di contribuire a tracciare un itinerario sociale, economico e politico fondato su: Sostenibilità ambientale Partecipazione attività del cittadino Integrazione multidisciplinare che comprenda urbanistica, arte pubblica e architettura per la valorizzazione del patrimonio pubblico: ambientale, urbano e paesaggistico sia esistente sia in via di realizzazione. L’idea di sfruttare aree dismesse della città, come la caserma Ottaviani di Brescia, generalmente sono vissute all’inizio come un problema sociale ed economico, ma è intorno alla loro rigenerazione che si sviluppa una nuova stagione dell’urbanistica e così anche del nuovo modo di riprogettare gli spazi. Ritengo che le aree dismesse possano costituire una grande risorsa per recuperare quei luoghi che un tempo erano il simbolo della città. La caserma Ottaviani, costruita a fine ‘800 subì diverse modifiche, solo dopo la seconda guerra mondiale, con l’inserimento di nuovi blocchi edilizi, cambiando così la forma iniziale. Con i piani regolatori e le cartografie non si riesce a comprendere l’insieme delle opere che hanno caratterizzato il modificarsi nel tempo del complesso edilizio, ma avendo la documentazione fotografica, si arriva a tracciare le tappe storiche. Il progetto architettonico suddivide principalmente l’aerea in 3 punti: residenziale, produttiva e spazi verdi. La parte residenziale che si inserisce nei blocchi edilizi, un tempo progettati e usati come camerate, sono 8 totali tutti uguali fra di loro a 2 piani ed hanno una struttura portante in muratura di spessore 70 cm. I disegni dello stato di fatto danno indicazioni sulla tipologia residenziale suggerendo così appartamenti-loft con soppalco. La sezione nominata produttiva comprende l’intero spazio del bloco C. L’interno è libero e flessibile e sono stati studiati i punti precisi per i servizi idraulici ed elettrici a disposizione di laboratori, officine, uffici e piccoli atelier. Per quanto riguarda gli spazi verdi all’aperto la progettazione si è basata principalmente sull’importanza degli orti urbani la quale è stata riconosciuta solo negli ultimi anni. La fascia centrale, che collega l’ingresso principale esistente e i due ingressi aggiunti sul lato opposto dove è stato demolito l’edificio a C, diventa interamente area coltivabile suddivisa in orti urbani e frutteti, mentre i due ingressi laterali delimitano il lato ovest della caserma. Percorendo tutto il viale si trova inizialmente la zona dedicata a prato alberato, successivamente quella dedicata a orti e infine il bosco. Al centro dell’intero lotto lungo la fascia centrale, è stato studiato un sistema di depurazione delle acque piovane attraverso una vasca di fitodepurazione. La fitodepurazione è un sistema naturale di depurazione delle acque di scarico costituito da un bacino impermeabilizzato riempito con materiale ghiaioso e vegetato da piante acquatiche.La depurazione avviene mediante l'azione combinata tra substrato ghiaioso, piante, refluo e microrganismi presenti. All'interno del letto di ghiaia, al passaggio delle acque reflue, si formano microrganismi che mettono in atto reazioni biochimiche di degradazione delle sostanze inquinanti. Le piante, oltre a partecipare attivamente all'eliminazione degli inquinanti, forniscono l'ossigeno necessario alle reazioni trasportandolo dall'apparato foliare a quello radicale. Per questo motivo solo le specie vegetali che possiedono determinate caratteristiche possono essere impiegate negli impianti di fitodepurazione: in particolare le specie più utilizzate a livello internazionale sono Phragmites Australis, Carex, Juncus, Typha, Iris. Il bacino, una volta impermeabilizzato, viene riempito con materiale inerte selezionato sul quale saranno direttamente piantumate le diverse essenze vegetali macrofite atte alla depurazione. La tecnica della fitodepurazione si è sviluppata in tutta Europa, in particolare nei paesi nordici (Regno Unito, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Svezia) a partire dalla metà degli anni '80, ed è in fase di espansione e oggetto di numerosi studi volti all'affinamento delle tecniche esistenti. In Italia, così come nei paesi mediterranei, la fitodepurazione non è stata inizialmente considerata, mentre a partire dai primi anni '90 ha iniziato ad essere sperimentata. I successi ottenuti nei primi anni di sperimentazione in Italia, hanno spinto varie aziende operanti nel settore delle acque ad entrare nel mercato offrendo anche questo tipo di prodotto, non sempre però con le dovute conoscenze tecnico - pratiche. Ci sono diverse tipologie di piante presenti nella vasca fitodepurativa: Phragmites australis (cannuccia di palude) Carex Typha Scirpus Iris Pseudacorus Il sistema utilizzato è quello a flusso superficiale: i sistemi a flusso libero riproducono esattamente i meccanismi di autodepurazione delle zone umide. Consistono in vasche o canali poco profondi (profondità generalmente limitata a poche decine di centimetri) e impermeabili con un substrato che costituisce il supporto per le radici delle piante emergenti. La superficie dell’acqua è costantemente al di sopra del substrato e pertanto questa è sempre esposta all’atmosfera. Il flusso dell'acqua è orizzontale e l’altezza del livello dell'acqua varia in relazione alle caratteristiche del refluo min ingresso, al livello di trattamento che si intende raggiungere es al tipo di essenze impiegate. Tali sistemi essendo riconducibili ad un'area umida naturale hanno anche una valenza naturalistica ed ambientale ma di contro richiedono una superficie elevata. L'edificio centrale a pianta libera, realizzato per essere la palestra dei militari, si appresta ad uno spazio di uso pubblico per eventi di diverso genere. Questo tipo di luogo è stato pensato anche all'aperto, per essere abitato dagli attori che popoleranno la ex caserma. Lo studio della struttura di questo padiglione si basa sulle piante del piano terra e del primo piano dell'edificio che sorgeva esattamente su quello spazio. Un gioco di setti e scale che portano la persona ad esplorare un luogo nuovo con una diversa sensibilità atta alla socializzazione. Con un sistema a pompa il padiglione può essere in parte allagato, grazie alla vicinanza con la vasca di fitodepurazione. Tutto lo spazio che occupava la caserma immerso nel verde acquista valore e riempie un vuoto con cui la città di Brescia ha vissuto negli ultimi 20 anni.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
23-apr-2013
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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