L’oggetto della tesi è la collocazione di un museo della moda all’interno di un edificio industriale progettato nel 1956 da Vittoriano Viganò. Il fabbricato, oggi in disuso, è situato nel complesso industriale dell’ex Cartiera Sterzi a Varese. Da progetto l’edificio è concepito come un grande spazio, distribuito su due livelli internamente indivisi e definito volumetricamente da una sequenza d’imponenti portali in calcestruzzo armato e da un sistema continuo di facciata. Viganò intende lo spazio come unicum, mai finito e mai concluso: le grandi pareti in vetro pongono in continuo dialogo l’interno con l’esterno. La scelta di mantenere il calcestruzzo a vista risponde all’esigenza di onestà della filosofia brutalista. Oggi questa volontà è tristemente contraddetta. Aggiunte volumetriche inficiano la pulizia della linea del disegno originale, parti intonacate depauperano la forza espressiva della struttura e la sostituzione del sistema di facciata con uno realizzato avvalendosi del vetro a specchio, nega il dialogo e il mutuo scambio interno-esterno. La decisione di progettare un museo della moda nasce dalla suggestione del piacevole contrasto generato dalla brutalità del linguaggio viganottiano, con quello raffinato della moda. La scelta del brand Missoni, azienda storicamente legata al territorio varesino, scaturisce dalle analogie concettuali rilevate tra la poetica del fondatore Ottavio Missoni e quella di Viganò. Obbiettivi della tesi sono la riconversione dell’edificio industriale in museo, e la confluenza di due differenti linguaggi espressivi in un codice unitario. L’edificio è stato dapprima riportato al grado di pulizia formale originario. In seguito sono state apportate modifiche funzionali e spaziali, nel rispetto della preesistenza e del valore d’uso e di novità del museo. Nella definizione degli ambienti interni si è adottato un approccio minimalista, limitando la rigida determinazione spaziale a favore della flessibilità d’uso nel tempo. Solo la progettazione del museo ha originato uno spazio maggiormente definito: quest’operazione è stata attuata tenendo conto nell’accostamento dei tessuti d’arredo delle categorie di geometria, dimensione e colore utilizzate dallo stilista.

Brutalismo pret-à-porter. Viganò e Missoni in dialogo

ZANON, STEFANIA;GALLO, LUANA
2011/2012

Abstract

L’oggetto della tesi è la collocazione di un museo della moda all’interno di un edificio industriale progettato nel 1956 da Vittoriano Viganò. Il fabbricato, oggi in disuso, è situato nel complesso industriale dell’ex Cartiera Sterzi a Varese. Da progetto l’edificio è concepito come un grande spazio, distribuito su due livelli internamente indivisi e definito volumetricamente da una sequenza d’imponenti portali in calcestruzzo armato e da un sistema continuo di facciata. Viganò intende lo spazio come unicum, mai finito e mai concluso: le grandi pareti in vetro pongono in continuo dialogo l’interno con l’esterno. La scelta di mantenere il calcestruzzo a vista risponde all’esigenza di onestà della filosofia brutalista. Oggi questa volontà è tristemente contraddetta. Aggiunte volumetriche inficiano la pulizia della linea del disegno originale, parti intonacate depauperano la forza espressiva della struttura e la sostituzione del sistema di facciata con uno realizzato avvalendosi del vetro a specchio, nega il dialogo e il mutuo scambio interno-esterno. La decisione di progettare un museo della moda nasce dalla suggestione del piacevole contrasto generato dalla brutalità del linguaggio viganottiano, con quello raffinato della moda. La scelta del brand Missoni, azienda storicamente legata al territorio varesino, scaturisce dalle analogie concettuali rilevate tra la poetica del fondatore Ottavio Missoni e quella di Viganò. Obbiettivi della tesi sono la riconversione dell’edificio industriale in museo, e la confluenza di due differenti linguaggi espressivi in un codice unitario. L’edificio è stato dapprima riportato al grado di pulizia formale originario. In seguito sono state apportate modifiche funzionali e spaziali, nel rispetto della preesistenza e del valore d’uso e di novità del museo. Nella definizione degli ambienti interni si è adottato un approccio minimalista, limitando la rigida determinazione spaziale a favore della flessibilità d’uso nel tempo. Solo la progettazione del museo ha originato uno spazio maggiormente definito: quest’operazione è stata attuata tenendo conto nell’accostamento dei tessuti d’arredo delle categorie di geometria, dimensione e colore utilizzate dallo stilista.
BRESCIANI, GIANLUCA
MARTINELLI, CAROLINA
MUGAVERO, LAURA
NONES, PATRIZIA
ARC I - Scuola di Architettura e Società
23-apr-2013
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/80319