The project was born from an interest in prison architecture and the way which influences the conduct and life of the convict. Historically, the architectural discipline has always had a fundamental role for man but, in the detention field, research has never materialized, up to the total disconnect between architecture and prison, downgrading to " prison building ”. Analysis and project have the goal to suggest a new way to see minimum security prison from institutions and citizenship, in order to become an important node in the process of reintegration of the prisoner in the society, through the design of spaces. The new model proposes the integration of new functions, always in compliance with all safety regulations, but a structure to promote the assumption of responsibility and choices by the prisoner. The answer to the request for architectural’s places is found in disused military complexes, that appear the most suitable spaces for this new function. Moreover, in this way, is also giving a concrete answer to the real problem of Italian prisons, especially in Milan; trying, at least in part, to solve the issue, redesign the unused spaces of the city.

Il progetto nasce da un interesse per l’architettura carceraria e il modo in cui quest’ultima influenza la condotta e la vita del condannato. La disciplina architettonica storicamente ha sempre avuto un ruolo fondamentale per l’uomo ma, in ambito detentivo, la ricerca non si è mai concretizzata, rimanendo solo teoria, fino allo scollamento totale tra quella che era l’architettura e il carcere, declassandosi a “edilizia penitenziaria”. Lo studio, l’analisi ed infine il progetto, hanno lo scopo di proporre un nuovo modo di vedere gli istituti penitenziari a minima sicurezza sia da parte delle istituzioni che dalla cittadinanza, in modo da diventare un nodo importante nel processo di reintegrazione del detenuto nella società, attraverso la progettazione di spazi di autonomia e socializzazione. Il nuovo modello propone quindi l’integrazione di nuove funzioni, sempre nel rispetto di tutte le norme di sicurezza, che miri ad un luogo che non sia più di attesa, passivo e infantilizzante, ma una struttura che favorisca l’assunzione di responsabilità e scelte da parte del detenuto. La risposta alla domanda di spazi viene ricercata in complessi o aree militari dismesse che, sia per tipologia che per dimensioni, risultano essere gli spazi più idonei per questa nuova funzione, dando anche una risposta concreta ad un problema reale delle carceri italiane, soprattutto milanesi, il sovraffollamento, e cercando, almeno in parte, di far fronte al problema, riqualificando i cosiddetti “vuoti urbani” di cui la città è colma.

La città dentro. Un nuovo istituto a custodia attenuata per tossicodipendenti a Milano

VILLA, BEATRICE;BENNA, LORENZO
2018/2019

Abstract

The project was born from an interest in prison architecture and the way which influences the conduct and life of the convict. Historically, the architectural discipline has always had a fundamental role for man but, in the detention field, research has never materialized, up to the total disconnect between architecture and prison, downgrading to " prison building ”. Analysis and project have the goal to suggest a new way to see minimum security prison from institutions and citizenship, in order to become an important node in the process of reintegration of the prisoner in the society, through the design of spaces. The new model proposes the integration of new functions, always in compliance with all safety regulations, but a structure to promote the assumption of responsibility and choices by the prisoner. The answer to the request for architectural’s places is found in disused military complexes, that appear the most suitable spaces for this new function. Moreover, in this way, is also giving a concrete answer to the real problem of Italian prisons, especially in Milan; trying, at least in part, to solve the issue, redesign the unused spaces of the city.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
18-dic-2019
2018/2019
Il progetto nasce da un interesse per l’architettura carceraria e il modo in cui quest’ultima influenza la condotta e la vita del condannato. La disciplina architettonica storicamente ha sempre avuto un ruolo fondamentale per l’uomo ma, in ambito detentivo, la ricerca non si è mai concretizzata, rimanendo solo teoria, fino allo scollamento totale tra quella che era l’architettura e il carcere, declassandosi a “edilizia penitenziaria”. Lo studio, l’analisi ed infine il progetto, hanno lo scopo di proporre un nuovo modo di vedere gli istituti penitenziari a minima sicurezza sia da parte delle istituzioni che dalla cittadinanza, in modo da diventare un nodo importante nel processo di reintegrazione del detenuto nella società, attraverso la progettazione di spazi di autonomia e socializzazione. Il nuovo modello propone quindi l’integrazione di nuove funzioni, sempre nel rispetto di tutte le norme di sicurezza, che miri ad un luogo che non sia più di attesa, passivo e infantilizzante, ma una struttura che favorisca l’assunzione di responsabilità e scelte da parte del detenuto. La risposta alla domanda di spazi viene ricercata in complessi o aree militari dismesse che, sia per tipologia che per dimensioni, risultano essere gli spazi più idonei per questa nuova funzione, dando anche una risposta concreta ad un problema reale delle carceri italiane, soprattutto milanesi, il sovraffollamento, e cercando, almeno in parte, di far fronte al problema, riqualificando i cosiddetti “vuoti urbani” di cui la città è colma.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/151279